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20 Aprile 2016
 

Vasco, nel 2017 live a Modena per i 40 anni di una carriera unica

ecco la nascita di una rockstar, da “Jenny e Silvia” a “Siamo solo noi”

di Michele Monina - www.ilfattoquotidiano.it

Il rocker di Zocca festeggerà nel suo capoluogo una carriera senza eguali per seguito, numeri, amore e anche, diciamolo, per quell'allure da maledetto che, nonostante il passare degli anni e nonostante una certa saggezza ormai diventata endemica, continua a stare attaccata al suo nome. Ma dove nasce il mito? Quali leggende e quali amicizie si porta dietro? Vi raccontiamo il Vasco delle origini, prima dell'esplosione sanremese del 1982


E chi mai se lo sarebbe aspettato?
Chi mai avrebbe scommesso anche una sola lira, perché è di lire che si deve parlare, filologicamente, su un quarantesimo anniversario al suo esordio? Chi avrebbe scommesso anche una sola lira su un suo decimo anniversario, a dirla tutta? E invece siamo qui, che apprendiamo con un anno di anticipo la nascita di un evento epocale, un maxi evento, come in effetti non può che essere quando si parla di lui, il solo e vero rocker di Zocca, Vasco Rossi.

Sì, esattamente tra un anno, nell’anno del Signore 2017, Vasco festeggerà in quel della sua Modena il quarantesimo anniversario della sua carriera, una carriera senza eguali per seguito, numeri, amore e anche, diciamolo, per quell’allure da maledetta rockstar che, nonostante il passare degli anni e nonostante una certa saggezza ormai diventata endemica, continua a stare attaccata al suo nome come un tatuaggio sulla pelle. Vasco Rossi festeggia quarant’anni di carriera, e per farlo chiama all’adunata tutto il suo popolo. Un popolo, quello del Blasco, del Kom, o come vi piace chiamarlo, che è un vero popolo, fatto di generazioni, almeno tre, e che magari fatica a riconoscersi in una fede religiosa o in un credo politico, ma che ha in lui, in Vasco, la propria unica bussola.

Un popolo che quarant’anni fa, e qui ci ricongiungiamo all’incipit di questo articolo, non era neanche vagamente immaginabile. Questo nonostante Vasco fosse arrivato alla pubblicazione con già un nome piuttosto popolare, almeno dalle sue parti. Era, infatti, Vasco, uno degli uomini di punta di una delle prime radio libere d’Italia, Punto Radio, di Zocca. Radio, quella, intorno a cui ruotavano anche altri nomi importanti per la storia di Vasco e della musica leggera italiana, da Gaetano Curreri, poi leader degli Stadio e da sempre al fianco del nostro, a Massimo Riva, il mai abbastanza compianto chitarrista ritmico scomparso il 31 maggio 1999. Divenuto molto popolare nella zona anche per la sua attività di disc-jockey, così si chiamavano allora quelli che oggi sono i dj, attività che lo vedrà imperversare per le discoteche dell’Emilia, al fianco dei già citati colleghi, ma anche di Maurizio Solieri, poi suo chitarrista solista, e Red Ronnie, amico da una vita, Vasco, spinto anche da Curreri, che ne curerà gli arrangiamenti e la produzione artistica, pubblicherà il suo primo singolo. Un 45 giri, stiamo parlando dell’epoca dei vinili, degli LP e dei singoli, sì, che vedeva Jenny è pazza nel lato A e Silvia nel lato B. Due brani ancora molto amati dal suo pubblico, ma che all’epoca, come forse poteva essere prevedibile, non sortirono gli effetti sperati, almeno non al di fuori della sua cerchia già collaudata. A pubblicarlo, infatti, non sarà una major, come invece accade oggi che il suo nome è una sorta di colosso inamovibile dalle classifiche, ma la Borgatti Music, casa discografica specializzata in liscio.

Siamo in Emilia Romagna, non dimentichiamolo, e il liscio la fa da padrona. Vasco, del resto, non è ancora diventato il rocker che è oggi, né a livello di seguito, né musicalmente. A ispirarlo, allora, il cantautorato che stava imperando nella cultura italiana. Certo con qualche prima contaminazione proveniente da oltremanica, ma siamo ancora prima dell’arrivo del punk, che sarà la prima visibile influenza nelle sue canzoni. Per poter ascoltare un album si dovrà aspettare l’anno successivo, e sempre e solo in Emilia Romagna. L’esordio su LP di Vasco è Ma cosa vuoi che sia una canzone, uscito il 25 maggio 1978 con la produzione di Alan Taylor, su etichetta Lotus. Questa sarà la prima volta al suo fianco di Maurizio Solieri (per i vaschiani semplicemente Maurizio Solieri, per il resto del mondo, magari, anche quello della Steve Rogers Band) e anche l’album che contiene un’altra delle canzoni di Vasco più amate di sempre, La nostra relazione. Presenti su traccia anche Curreri, con due dei futuri Stadio, Ricky Portera, famoso poi per la sua collaborazione con Lucio Dalla e per essere il titolare del brano Grande figlio di puttana, e Giovanni Pezzoli. Anche stavolta, un po’ come sempre fino al passaggio sanremese e agli anni Ottanta, il successo non sarà neanche vagamente sfiorato. Bello sentire ancora oggi Vasco raccontare dei primi concerti fatti all’epoca, di fronte a pochissime persone, spesso anche piuttosto ostili, lui lì a cantare mentre la gente chiacchiera e gli tira le lattine. Poi uno dice che diventi un rocker pronto a tutto.

Nel 1979 il miracolo: arriva infatti il secondo album, Non siamo mica gli americani, e soprattutto quella che, ancora oggi, è una delle canzoni manifesto di Vasco e del suo popolo, Albachiara. Sarà lo stesso Vasco che racconterà di essersi ispirato a una ragazzina di Zocca che vedeva andare e tornare da scuola tutti i giorni. Una ragazzina a cui, una volta cresciuta, dirà di essere la titolare di Albachiara, non riuscendola a convincere. Al punto che sempre per lei scriverà Una canzone per te, altra sua perla. In questo lavoro, ancora poco apprezzato dal pubblico, trova spazio anche Fegato Fegato Spappolato, primo devastante ritratto della vita di provincia, e anche brano che introduce una virata decisamente punk. Piccola notazione di costume, nel brano viene citato Floriano Fini, a lungo suo manager e compagno di lungo corso.

All’epoca Vasco viaggiava a un album all’anno, perché così funzionava il mercato.
Si lavorava sul repertorio, si iniziava a costruire un live credibile, si lavorava su un pubblico di riferimento, con fatica e dedizione. Quindi nel 1980 è la volta di Colpa d’Alfredo, con dentro l’omonimo brano, altro classico, ma anche Anima fragile, Non l’hai mica capito, Susanna, Sensazioni forti. Proprio quest’ultima, eseguita dal Motor Show di Bologna in collegamento con Domenica In, all’epoca il programma della domenica pomeriggio degli italiani, gli varrà gli strali violentissimi del giornalista Nantas Salvalaggio, colui poi destinato a diventare oggetto di scherno in Vado al massimo (è lui “quel tale che scrive sul giornale”). Vasco viene dipinto da Salvalaggio come un maledetto, un drogato, un perdente, e da questo momento farà di tutto, almeno per un buon decennio, per coincidere con l’immaginario che gli appiccicheranno addosso.

Nel 1981 è la volta di Siamo solo noi, il brano che, insieme a Vita Spericolata, sarà il vero manifesto del vaschismo della prima parte della sua carriera, quella del Noi del suo popolo contrapposto al Voi, la società, i perbenisti, il sistema. Un brano che ancora oggi trova il plauso di un pubblico giovane, riuscendo nell’altrimenti impossibile impresa di mettere d’accordo gente che è nata negli anni cinquanta con i millenials. Un vero miracolo. Nell’album, rock come ormai Vasco è sempre di più, anche il pezzo tiratissimo Ieri ho sgozzato mio figlio, la lisergica Valium, la disillusa ballad Brava, il reggae di Voglio andare al mare, scritta in un pomeriggio bolognese con il giovane Massimo Riva. È il primo album prodotto da Guido Elmi, nel corso della sua storia, spesso in fase di regia. Il successivo lavoro, Vado al massimo, sarà anche quello del suo primo passaggio sanremese del 1982, con la fama ormai a portata di mano e una storia tutta da scrivere. La storia di Vasco Rossi, ragazzo nato nei monti in provincia di Modena e diventato il rocker per antonomasia in Italia. Fan quarant’anni nel 2017, prepariamoci a festeggiarli con lui.
 
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