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11 Maggio 2005
 

Una laurea per Vasco Rossi

di Melisanda Massei Autunnali

Mercoledì, 11 maggio 2005

Vasco Rossi oggi si laurea. Alle tre del pomeriggio di oggi, presso lo IULM di Milano, il prof. Giovanni Puglisi, rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione, conferirà al maestro del rock italiano la laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione. La tradizionale "laudatio" - ossia il documento che espone le motivazioni del conferimento, verrà letta dal prof. Marco Santagata, che, oltre ad essere ordinario di Letteratura Italiana presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Pisa, è originario di Zocca, il paesino del modenese in cui Vasco nacque cinquantatre' anni fa (li ha compiuti lo scorso 7 febbraio). Seguirà poi la lettura della "lectio doctoralis", altro documento voluto dalla tradizione accademica e che specifica ulteriormente il senso di questa assegnazione.
Per Vasco, il titolo, "Una laurea per me..non me l'aspettavo, eh?" è stato scelto parafrasando un verso di uno dei suoi brani più noti e più amati, Una canzone per te. E in effetti, lui, da personaggio schietto e avulso a qualsiasi tipo glorificazione (a Sanremo ha cordialmente rifiutato il Premio alla carriera), che non sia l'affetto tributato dai fans ad ogni immenso spettacolo dal vivo, questa laurea non se l'aspettava proprio. O perlomeno non tanto quanto quegli estimatori e quegli addetti ai lavori che da un po' di tempo hanno cominciato a comprendere il valore - letterario e comunicativo - eccellente della produzione del famoso cantante. Per noi tutti che in qualche modo cerchiamo di avvicinarci al mondo della canzone senza saperne scrivere, ma che ben volentieri doniamo il nostro tempo, la nostra passione (e, per chi ne, nella misura in cui ne possiede, la nostra cultura) a cercare di comprendere come nascono quelle degli autori che amiamo, il fatto era nell'aria.
Addirittura un po' lo attendevamo: questo perché attualmente in Italia, non esiste un linguaggio (solo apparentemente di massa) che possieda le caratteristiche di quello che utilizza Vasco Rossi all'interno dei suoi brani. Non ci sono autori per canzone che riescano a condensare in versi così meravigliosamente spezzati e poi, con altrettanta indicibile maestria, articolati, il senso profondo e vago dell'esistere, l'ironia, la passione, lo smarrimento, il dubbio, l'invettiva, allo stesso modo in cui fa lui. Che non a caso, ha scelto fin dalle origini la forma comunicativa musicale più diretta e più saggia, quella del rock, giocando coraggiosamente la sua scommessa a discapito di generi più popolari.
La strada, per lui, come ormai tutti sanno, non è stata in discesa. Vasco si è dovuto scontrare con il muro della tradizione, con i sepolcri imbiancati della stampa, a cui ha sempre saputo rispondere con la coerenza delle sue scelte personali e artistiche.
In lui non c'è niente che sia artefatto: Vasco è così, come lo leggiamo nei suoi versi, come ce lo immaginiamo quando terminano i dischi, i concerti, e addosso rimane la sensazione di aver vissuto qualcosa che ci mette al centro della Storia.
Fosse solo quella piccola, e a volte un po' contraddittoria, del mondo della canzone. Che, tra le forme artistiche non a certo niente da invidiare a quelle ritenute, dai Saggi, più nobili, anzi, può vantare sicuramente un bacino di diffusione incredibilmente più vasto rispetto alla poesia contemporanea, che specie in Italia, sta vivendo la sua doverosissima crisi. E allora, ecco che arrivano i cantautori, ecco che arriva Vasco, quello che puoi leggere e ascoltare, ricevendone quasi lo stesso brivido, se non fosse per quella voce così irresistibilmente "sporca" che porta - già da sola - con sé un universo intero e tutto da scoprire.
Citiamo una canzone tratta dal suo ultimo album di brani inediti, Buoni e cattivi, uscito ormai un anno fa, Anymore. L'introduzione detta: "Una parola che non vuole dire mai / la stessa cosa uguale / io l'ho imparata dentro gli occhi tuoi / quando finì l'amore". Apparentemente, la semplicità: e invece, sul fondo (abilmente celato da una sapiente costruzione paratattica) c'è tutto il disagio della traccia lasciata dai sentimenti al loro svanire.
C'è l'universalità del dolore.
E poi l'altra, Un senso, divenuta immortale già dal primo ascolto, che i più fortunati hanno potuto farne nel buio di una sala cinematografica, qualche settimana prima che nei negozi facesse la sua comparsa il cd. Un brano, che oltre a riassumere, forse nella maniera più compiuta l'universo interiore del Vasco-pensiero, getta sull'esistenza uno sguardo pieno, esauriente e inesauribile al tempo stesso, con un'apertura finale alla speranza dal respiro addirittura epico.
Qualche purista, alla notizia della laurea, ha storto il naso: a loro proponiamo una riflessione, che diciassette album - tutti in un modo o nell'altro più o meno della levatura di cui sopra - in poco meno di trent'anni, valgono “forse” (mettiamo tra virgolette, proprio come farebbe Lui) qualcosa in più rispetto a tante placide tesi di studenti annoiati e laureati solo per far piacere ai loro genitori, o per ottenere in qualche maniera la cosiddetta “posizione”.
Al dottor Rossi, mai sceso a compromessi, i nostri migliori auguri!

Melisanda Massei Autunnali
 
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