Ed ecco chi ha scritto il suo pezzo ascoltando il disco di Vasco con calma e… mettendoci i suoi commenti sinceri e ognuno da “buon intenditor”… tutti bellissimi insomma…
Spacca di brutto Siamo qui, l’album fuori ora.
VASCO ROSSI - Siamo Qui - Virgin Records
In pratica, ogni dieci anni esatti (o quasi), Vasco sembra avvertire il bisogno di tirare le somme della propria esistenza, con una consapevolezza sempre maggiore... e la verità è che, al di là di tutto, rimane una delle poche certezze del nostro panorama musicale
di Luca Garrò (JamTV -
https://jamtv.it/recensioni-album/vasco-rossi)
17 novembre 2021
Difficile dire qualcosa di
Vasco che non sia già stato ampiamente analizzato, controllato, verificato. Così come arduo è rapportarsi in modo scevro da aspettative ad un album che, nel bene o nel male, segnerà inevitabilmente le classifiche di gradimento di questa fine d’anno. Fa impressione pensare che siano già passati sette anni dal suo ultimo album di inediti e ben dieci da quel Vivere o niente in cui il “provocautore” preferiva parlare al singolare ("Eh…già, io sono ancora qua, Sono innocente ma..."), mentre oggi torna a farsi portavoce del proprio popolo con un plurale che la dice lunga sulla sua voglia di condivisione post lockdown.
Tanto in termini di liriche che prettamente musicali,
Siamo Qui torna a parlare un linguaggio che, seppur sempre presente nel nuovo millennio, permette all’ascoltatore di piombare idealmente alla prima metà degli anni novanta. Quasi si trattasse dell’anello di congiunzione ideale tra
Gli Spari Sopra e
Nessun Pericolo... Per Te. L’assenza di elementi elettronici, unita a un’urgenza espressiva che non si avvertiva così forte da tempo, fa poi sì che il Vasco ormai prossimo ai settanta riesca a risultare credibile, al passo coi tempi e, allo stesso tempo, più classico che mai. Questo anche grazie a un team formato da collaudatissimi collaboratori (Celso Valli, Gaetano Curreri, Stef Burns, solo per citarne una manciata) e a più o meno nuovi innesti, primo su tutti Vince Pastano. Il chitarrista, giunto simbolicamente alla corte di Vasco a trentasei anni, gli stessi di Massimo Riva al momento della scomparsa, non solo si dimostra all’altezza dei suoi predecessori, ma sembra davvero essere la persona perfetta per traghettare il Blasco verso i cinquant’anni di carriera. Anche dal punto di vista della produzione, uno dei pesantissimi fardelli lasciati dalla perdita di Guido Elmi. Per rendersene conto basti ascoltare l’opener
XI Comandamento o
Tu Ce L’hai Con Me, sassata dal sapore quasi industrial che rappresenta uno degli apici assoluti del lotto. Credo non sia nemmeno un caso che
Siamo Qui veda la luce all’inizio di un nuovo decennio, da sempre un momento storico affine alla poesia di Vasco. Così come è difficile pensare che il nostro non si sia reso conto che alcuni dei suoi brani più iconici, corali e malinconici abbiano visto la luce con scadenza quasi cabalistica. A partire dall’inno per eccellenza Siamo Solo Noi del 1981, passando per Siamo Soli di vent’anni dopo e (noi siamo) I Soliti del 2011, fino ad arrivare proprio al singolo che dà il nome al nuovo lavoro, Vasco è sempre riuscito a condensare il proprio pensiero in pezzi che sembrano legati da un chiaro fil rouge filosofico. Se a questi brani, poi, aggiungiamo
Liberi Liberi (siamo noi, ancora una volta), uscita nel 1990, il quadro appare completo.
In pratica, ogni dieci anni esatti (o quasi), Vasco sembra avvertire il bisogno di tirare le somme della propria esistenza, con una consapevolezza sempre maggiore che, però, non sembra in grado di consolare. Né lui, né tantomeno il proprio pubblico. La verità è che, al di là di quello che si possa pensare di lui, che lo si possa idolatrare o detestare, Vasco resta una delle poche certezze del nostro panorama musicale e della poca cultura rimasta nel nostro Paese. Nonostante tutto, insomma, siamo qui. Forse pieni di guai, ma decisamente ancora vivi.
Aggressivo, rock e ispirato: il ritorno di Blasco
(Andrea Cegna, il manifesto https://ilmanifesto.it/una-ritrovata-ispirazione-per-il-ritorno-di-vasco/)
Note sparse. Equamente diviso tra rock e pop il diciottesimo album in studio di Vasco Rossi «Siamo qui»
Vasco Rossi © foto di Gianluca Simoni
Vasco Rossi ha sfornato un nuovo disco, il suo diciottesimo in studio, ed è probabilmente uno dei suoi migliori lavori discografici dall’inizio degli anni 2000. Certamente un disco diverse spanne sopra al suo precedente Sono innocente uscito oramai sette anni fa.
Siamo qui, pubblicato per Virgin Records, non è solo ben registrato, prodotto e arrangiato. È un disco con pezzi validi, dove Vasco pare abbia trovato la voglia di dire nuovamente la sua, tornando anche a provocare la politica e i governanti, e aggiungere al suo repertorio qualcosa in più. Se le sue produzioni recenti sono sembrate figlie di una consolidata (e responsabile) macchina che si mette in moto in maniera automatica, necessaria prima di un tour (garantendo, con tutto questo, lavoro a centinaia di persone), ora si assapora un’aria diversa che unisce una ritrovata freschezza nello scrivere con la serenità di viversi i suoi anni. I due singoli che hanno preceduto l’uscita dell’album sono probabilmente le peggiori canzoni del disco che ha un anima tutt’altro che pop.
LO SPIRITO rock emerge immediatamente dai primi due brani e poi si riverbera in tutto il disco in quel mix fatto di cantautorato, ballate e schitarrate che ha reso Vasco un artista capace di sopravvivere, anche, al valore delle ultime produzioni discografiche. «Siamo qui» – dice lo stesso Vasco – «è molto spontaneo e diretto, divertito e divertente. È un classic rock, in direzione ostinata e contraria, come direbbe De André, rispetto alle tendenze in voga». Il disco si divide perfettamente in due, cinque brani più rock, potenti e veloci, e altri cinque brani più riflessivi e più in linea con il Vasco Rossi post Gli spari sopra. La seconda traccia, che vede la mano di Vince Pastano (come tutta la «cinquina rock»), L’Amore L’Amore, ha quel sapore anni ’70 che Vasco ha fatto suo e modellato negli anni ’80, è un pezzo potente, veloce, ballabile, ironico e che molti e molte inseriranno nelle proprie playlist invernali.
LA CINQUINA più intima e riflessiva vede invece gli arrangiamenti di Celso Valli, storico collaboratore del Blasco. Ho ritrovato te è una bellissima, malinconica e profonda acustic-ballad. Il gioco tra chitarre acustiche ed elettriche mette quella necessaria tintura di grigi che fa viaggiare l’ascoltatore. Il tutto pare essere un regalo anticipato a se stesso, e soprattutto al suo pubblico, per i suoi 70 anni.
Disilluso, ma non si arrende: un’altra perla di Vasco Rossi
Luca Trambusti (il tirreno
https://iltirreno.gelocal.it/tempo-libero/2021/11/12/news/disilluso-ma-non-si-arrende-un-altra-perla-di-vasco-rossi-1.40913651)
12 novembre 2021
Esce l’attesissimo “Siamo qui” con dieci tracce inedite dopo molti anni. Un mix pieno di libertà fra esplosioni rabbiose di rock e ballate melodiche
Esce oggi, nella data palindroma del 12 -11- 21, il nuovo album di Vasco Rossi dal titolo “Siamo qui”. Le dieci tracce del disco sono un perfetto bilanciamento tra brani d’impatto rock e ballate. Netta è anche la divisione nella produzione: il giovane Vince Pastano (ruvido chitarrista e produttore artistico dei live di Vasco) si occupa della parte rock, mentre lo storico arrangiatore Celso Valli mette le sue competenze al servizio delle ballate. Il disco è stato preceduto da due singoli: la recente title track “Siamo qui” e la conclusiva “Una canzone d’amore buttata via” sulle cui note danzava Roberto Bolle lo scorso primo gennaio durante “Balla con me” lo special tv del ballerino in cui il cantautore era ospite.
C’è molto di Vasco in “Siamo qui”: ci sono i suoi testi sempre in bilico tra rabbia, ironia, amore e denuncia, testi costruiti intorno a poche concise frasi, sia quando sono rabbiosamente rock, sia quando si aprono alle melodie. Impeccabile dal punto di vista sonoro, produttivo e di arrangiamento il disco contiene alcuni brani che saranno dei cavalli di battaglia durante il tour, brani adatti alla necessaria pressione sonora di un concerto, ma anche momenti più intimi in cui rifiatare e seguire la melodia con il rito delle torce del telefono, il sostitutivo di quello che una volta era il “momento dell’accendino”.
Tra le dieci tracce ci sono pochi “riempitivi” perché è un disco corposo, in cui le chitarre urlano forte. In ambito rock colpiscono l’iniziale “XI comandamento” e il tango rock di “Un respiro in più”, mentre tra le ballate spiccano i due singoli: la rock ballad “Siamo qui” e la ballata pop rock soft di “Una canzone d’amore buttata via”.
La parola “siamo” pare essere una sorta di filo rosso che lega la carriera di Vasco: 40 anni fa era “Siamo solo noi”, divenuto poi “Siamo soli” e trasformatosi ora in “Siamo qui” («in un mondo che non vorrei», dice Vasco). È un percorso di mutazione, di disillusione e di presa di coscienza senza mai arrendersi e smettere di lottare, indomito e resiliente. Da tutto ciò esce un disco piacevole che comprova l’estrema libertà creativa di Vasco Rossi, che non deve certo dimostrare o confermare nulla. Lui fa ciò che sente e vuole. Tra le sue volontà c’è quella di tornare sul palco per realizzare un tour in sospeso da due anni. Tra nuove date e sold out (sinora oltre 600mila biglietti venduti) la partenza è fissata per il 20 maggio 2022 da Trento con una tappa (sold out) a Firenze il 3 giungo alla Visarno Arena.
“Siamo qui” è disponibile, oltre che in digitale, in vari supporti: cd, vinile, musicassetta, con copertine diverse, con gli scatti fotografici in successione fino all’ultimo con Vasco al centro dell’enso, che in giapponese significa cerchio, simbolo di forza, luce e armonia.