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6 Febbraio 2012
 

Sette febbraio Duemiladodici

di Stefano Anrico

Sessanta è un bel numero. Affascinante, a modo suo. Sembra parlare di giovinezza, ricorda da vicino Sedici. Ma di più, direi che Sessanta è come dire 10 volte Sei, 10 volte bambino. Allora, oggi, sei infinitamente più giovane di me.

Voglio farti i miei auguri con tutta la stima e con tutto l’affetto che ho sempre nutrito nei tuoi confronti, fin da quando bambino lo ero io.

Ti faccio i miei auguri con lo stesso entusiasmo di quando ascoltavo Vita spericolata per la prima volta, tanto tempo fa.

Ti faccio i miei auguri con la stessa commozione che le tue canzoni hanno suscitato in me, ogni volta che una delle tue poesie arrivava, senza avvertire e senza spiegare, all’origine delle lacrime.

Ti auguro, per questo tuo nuovo compleanno, che ogni amarezza possa prendere il volo per trasformarsi in un aquilone colorato, per trasformarsi mentre guarda il sole che muore, e ritornare come una brezza di fine estate, ricca di promesse a dire che domani, ormai, è qua; moltiplicata per ogni sorriso che ha svelato, per ogni sguardo che ha stupito, per ogni cuore che ha fatto tremare, per ogni brivido lungo la schiena che ha procurato e per ogni solitudine che ha sorpreso e consolato.

Carissimo Vasco, ti faccio i miei auguri di compleanno ricordandoti che ogni meraviglia che è durata lo spazio di un secondo, vive ininterrottamente, generando, mentre continua a scorrere il resto di quel “secolo fortunato”, sogni, possibilità, sorrisi, speranze e voglia. Una strana voglia. Anche quando un senso non ce l’ha.

In sostanza: i miei auguri sono anche un modo per ringraziarti. Profondamente, come sono sicuro che fanno tutti i giorni e continueranno a fare, migliaia di persone.

Personalmente io devo ringraziarti davvero per tante cose. E, bada bene, hanno trovato tutte un senso. E questo, davvero, è uno dei regali più belli e più grandi.

Allora, Vasco, auguri e grazie. Grazie per ogni sorriso che la tua ironia ha saputo procurarmi. Di più: grazie per avermi aiutato a comprendere e fare mia la forza dell’ironia. Ho scoperto proprio grazie a te, quanto l’ironia sia l’unico metro per valutare l’intelligenza. In particolar modo la mia. Con molta umiltà.

Grazie per la severità e la determinazione che hai messo nel cammino sulla strada che porta fortuna.

Grazie per la pazienza che hai saputo avere sempre, in modo incrollabile, nei confronti di chi non sa o non vuole comprendere. Anche questa è stata una lezione preziosa.

Grazie per la tua vita spericolata. Grazie per aver reso chiaro che nessuna finzione è una bugia, ma che non bisogna mai confondere i sogni con la realtà. Senza questa bussola addio sogni e, soprattutto, addio realtà. Questa vita spericolata, insomma, è stata proprio una bella zattera di salvataggio. In realtà… è stata ed è tutt’ora una corazzata inaffondabile!

Grazie per aver parlato anche a nome di chi non sempre trova il coraggio per farlo, grazie per aver parlato della paura e averne sminuito quell’assurdo senso di vergogna che gli uomini “forti” vogliono associarle. Grazie per averle restituito l’essenza di ciò che è e la sua dignità di semplice e pura emozione.

Grazie ancora, Vasco, per aver disegnato ritratti splendidi che possono sorprenderci dietro un angolo. Grazie per aver messo i sogni dove li potevo trovare anch’io! Grazie Vasco, per aver dato un senso a tutto ciò che era possibile e per aver lasciato al suo posto tutto ciò che un senso non ce l’ha.

Grazie per aver camminato invece di correre e per non essere stato mai fermo. Ho imparato a guardarmi intorno, a fermarmi per sentire un profumo, per vedere come cambia la luce e a non credere a tutto ciò che sembra.

Grazie per essere arrivato così tante volte insieme alla primavera.

Grazie per aver rimesso in moto le lancette dell’orologio, quando avevano smesso di girare da un secolo.

Grazie, Vaco, per la nostalgia di ciò che non era ancora successo e per quella di ciò che non è successo mai.

Grazie per la tua rabbia, che è stata la mia rabbia. La rabbia di chi dice no!

Grazie per Sally. Grazie perché… com’è che mi hai detto? “…no, no, non muore più; non muore più questa volta”. Quelle poche parole, forse, sono state la canzone più bella. Ancora, a distanza di anni, sono un brivido. Un bel brivido.

Grazie, per aver saputo parlare, in tutti questi anni, al ragazzino come all’uomo. Grazie perché entrambi erano forse un po’ stupidi quand’erano giovani, ma adesso sono liberi, liberi.

Grazie perché, caro Vasco, anche a te devo la fortuna di potermi permettere, in tempi così difficili, di vivere di musica, con la musica, anche se in modo diverso dal tuo. E’ stata una scommessa audace. Ti devo una buona parte dell’averla vinta.

Infine, ma non ultimo, grazie per la generosità di credere nelle idee e nei sogni altrui. Grazie per essere esattamente ciò che sembri. Per la forza invincibile di non aver mai rinunciato ad essere un uomo.

Grazie Vasco, grazie perché ogni volta, dietro la collina, ci siamo tutti.

Buon compleanno. E adesso via… veloci e sempre più rock!!!



Con affetto

Stefano Anrico
 
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