Utilizziamo cookie per assicurarti una migliore esperienza sul sito. Utilizziamo cookie di parti terze per inviarti messaggi promozionali personalizzati. Per maggiori informazioni sui cookie e sulla loro disabilitazione consulta la Cookie Policy. Se prosegui nella navigazione acconsenti all’utilizzo dei cookie.
 
 
24 Novembre 2011
 

La Versione di Vasco

(Recensione di Arcangelo Ark Tangorra)

La "Versione di Vasco" è finalmente in libreria. Ragazzi e ragazze di ben quattro generazioni hanno saturato i canali di distribuzione on line e le più tradizionali "commesse" degli ordini nei negozi. Ma chi sarà mai, questo Vasco Rossi, che ha avuto così tanto successo? Negli anni ottanta vi avrebbero risposto: "un drogato, seguito dai drogati come lui". Vasco Rossi ha subito, nella sua vita, ogni tipo di critica, soprattutto feroce; l'intenzione evidente era quella di tagliargli le gambe, di osteggiarlo, di non permettergli di uscire dalla nicchia della quale ormai si era appropriato. A quelle critiche la rockstar di Zocca ha sempre risposto con parole taglienti inserite nelle sue canzoni oppure in maniera diretta, continuando la sua scalata e sempre a testa alta. Oggi, alla fine di questo 2011, Vasco Rossi ha deciso che era ora di fare un primo bilancio della sua vita; per farlo, ha pensato che lo strumento migliore fosse proprio un'autobiografia, che però fosse sincera, leale, franca, come da lui stesso sottolineato. Già il titolo è, di per sé, una provocazione: "La Versione di Vasco" è, difatti, un'esplicita allusione a quella di Barney Panofsky, dalla penna di Mordecai Richler (anche citato): un antieroe che fa dell'istintualità la propria ragione d'essere. E Vasco Rossi, da perfetto antieroe istintivo, ha deciso che era ora di raccontare la sua versione dei fatti; non perché fosse stufo di certi pregiudizi, né per una questione di principio personale. L'unica regola che vige nella sua autobiografia è l'amore per la verità. Poco importa, quindi, il versamento delle illazioni rovesciatogli addosso nel tempo; il fulcro dell'intero libro è l'analisi cruda e, a volte, spietata di quegli episodi significativi che ne hanno segnato il percorso sia artistico che personale, e il senso di questa stesura è altamente intimistico; non si tratta né di autoincensarsi né di esordire con scopi differenti dal mettersi davanti a se stesso. Come nelle canzoni, Vasco Rossi si spoglia e si mette di fronte allo "specchio" dietro il quale si trova il lettore; più che nelle canzoni permette, a chi legge, di guardare la sua nudità interiore. Non per farsi ammirare, né per farsi desiderare; la sensazione al tatto è quella di un uomo che ti dice: "Dimentica ciò che hai sentito su di me da altre persone e guardami: io sono questo qui".
 
"La Versione di Vasco" è suddivisa in dodici sottocapitoli e incorniciata da tre incipit che, in maniera scanzonata, il rocker emiliano battezza con il nome di "Pretesti". Già in questi tre primi "Pretesti" Vasco Rossi ci offre uno spaccato chiaro delle sue origini e di quella realtà dalla quale è emerso e nella quale si è trovato a immergersi per offrirci questa analisi dettagliata di se stesso. Come sempre, quando si tratta di lui, si ha l'impressione che le cose possano essere guardate anche nell'ottica opposta. Come in un gioco di specchi, i dodici capitoli possono essere letti come "Pretesti" e i "Pretesti" come il contenuto fondamentale di quelle motivazioni che hanno spinto Vasco Rossi a redigere un'autobiografia del tutto innovativa e stimolante sia nello stile, sia nell'essenza. Difatti, cominciando la lettura, ci si imbatte subito in "quello che non ti aspetti"; un primo capitolo di storia antica, disegnato con i tratti spessi e devastanti dell'eroina. Un pugno nei fianchi, il respiro che si spezza, leggendo quella prima descrizione di Vasco Rossi data da un suo caro amico d'infanzia, caduto nella droga. Quella frase detta con affetto e con altrettanto affetto e delicatezza riportata. "Tu, sei un incantatore di serpenti!". Si volta pagina e si passa a uno spaccato scolastico davvero gustoso, dal quale Vasco Rossi ha imparato la regola fondamentale di quella che sarà la sua vita. "Niente è mai come sembra" insegna che quando ti trovi con le spalle al muro te la puoi cavare solo con la franchezza; da qui uno splendido salto mortale in avanti fino ai giorni nostri, con le considerazioni del caso, e un invito fondamentale alle nuove e antiche generazioni: leggere, farsi un'opinione propria e non fidarsi delle scorciatoie proposte da questo mondo fondato sulla cultura dell'immagine. Andare dritti alla sostanza, di se stessi prima e di chi abbiamo intorno poi, appare come unica traccia valida per poter ottenere dalla vita anche quello che non ti aspetti. Come l'onestà di chi hai di fronte. Concetto base il circondarsi delle cose vicine, e il curarsi di queste. Il motivo è chiaro. Se ognuno coltivasse il proprio giardino con semplice cura, tutti i giardini sarebbero meravigliosi. Questo il senso della frase riportata da Vasco Rossi che appartenne al suo professore di italiano (e che non riporto). Di colpo, un altro pugno. Questa volta "sui denti" del perbenismo. E le antiche gengive culturali sembrano sanguinare, ma in realtà è l'infezione da buonismo che spurga, e le ferite aperte dalla società "normale" si disinfettano.
 
Si entra, così, nella carne di "La Versione di Vasco"; ed è una versione da divorare prima e da rileggere più e più volte dopo, proprio come se fosse un'unica canzone e, molto probabilmente, la più bella mai scritta prima. Da nessuno, intendo. Attraverso il viaggio degli episodi salienti della sua vita, la rockstar di Zocca affronta temi caldi e personali come la depressione, la droga, la dipendenza, la famiglia e l'amicizia, fornendo al lettore il suo modo di guardare alla vita e a quello che lo circonda senza mai scadere in ricercate parafrasi d'effetto; l'effetto, semmai, è la sua totale trasparenza. E proprio perché non abituati a tanta schiettezza, i risultati interiori di questa lettura sono incredibili. Ci si ritrova ad annuire senza accorgersene, o a dissentire accorgendosi, però, che il seme del dubbio è stato piantato. E che quel seme presto sfocerà in un onesto confronto con se stessi. Passaggi, quindi, che non si limitano a raccontarci la vita del più grande artista italiano della musica rock, ma che si prestano a una involontaria costrizione al pensiero intuitivo e riflessivo; esperimento perfettamente riuscito, proprio perché involontario.
 
"È importante avere un ideale, credere in se stessi o comunque in qualcuno. In un amore. O in un progetto." Ecco un altro pezzo dell'anima tattile di questo libro, che vibra come un diapason alla ricerca del "la" da accordare nel cuore del lettore. Accordare non per "mettere d'accordo", ma all'unico scopo di poter condividere quella sinfonia strumentale che attraversa ogni singola riga scritta da Vasco, senza mai concedere una singola caduta di stile né di concetti. Coerente, irriverente, perfino fastidioso nella sua naturale sfacciataggine e, per questi motivi, folle e splendido nella sua capacità di ricostruire dove distrugge e di riparare dove rompe, sciorina concetti uno dietro l'altro, e tutti semplici. Per cui, geniali.
 
Da quella "Vita Spericolata", dai più fraintesa, all'essere "Liberi di Volare", pensando "a chi voleva al potere la fantasia", dipingendo il "Manifesto Futurista della Nuova Umanità", un po' godendo con "l'anima che si arrende alla malinconia", scalfendosi in un "amico fragile...". Ben sapendo che "a volte basta un complice", il lettore resta imprigionato in una spirale di storie nella Storia che, come un gorgo, lo avvolge e lo inghiotte verso quel fondo che Vasco Rossi vuole venga toccato con mano, assaggiato, sentito, patito, vissuto (anche se per immedesimazione) e valutato per quello che è: una continua ricerca di se stessi non esente da errori, da cadute e da profonde tristezze, eppure permeata da gioia pura e da una forza di volontà leonina nel rimediare, nel rialzarsi e nel ritrovare quegli equilibri che, di volta in volta, vengono a mancare. "Disilluso, disincantato e consapevole" sono le parole che Vasco Rossi usa per descriversi, riconoscendole come le più azzeccate; di sicuro ha ragione. Ha solo dimenticato di aggiungere "precursore" all'elenco. Precursore dei tempi, nel tempo, e quattro generazioni di fans parlano per lui; precursore oggi, con questa autobiografia davvero innovativa e consigliatissima a qualsiasi tipo di lettore. Perché in "La Versione di Vasco" c'è vita vera, eppure si ha la sensazione di trovarsi in un romanzo, a volte duro e crudele, altre volte tenero e delicato, ma sempre scarnificato dalle logiche del classicismo o della tradizione consumistica. Spudorato e senza mezze misure, Vasco Rossi ci regala anche la sua visione delle cose del mondo e degli "onori delle cronache"; dicendo quello che pensa, come sempre senza paura di nessuno. Certe osservazioni scateneranno il finimondo, e a me sembra già di sentire i vari struzzi che, sollevando la testa da sotto la sabbia, opporranno, a quella di Vasco, la loro ipocrita versione delle cose; al rocker emiliano questo non interessa, come si apprende chiaramente leggendolo o anche semplicemente conoscendo un minimo il suo modo di essere. Lui tira dritto per la sua strada, e non si volta per vedere se qualcuno sia rimasto indietro. Agisce e reagisce, in maniera sempre eplicita, alle cose del mondo e a quelle non-cose che ci vengono propinate come verità ineluttabili, mettendoci la faccia, rischiando e pagando come sempre di tasca sua. In piena coerenza con quel concetto di "libertà" a lui tanto caro, e descritto fin nei particolari nella sua autobiografia. Particolare scioccante è leggere che "le prigioni sono le nostre dipendenze" e rendersi conto di quanto questo sia vero, così com'è vero che "In questo paese l’invidia si coltiva come un valore, insieme con il vittimismo, il dilettantismo e il ressentiment".
 
Il concetto di fondo è l'appartenenza al genere umano, con tutti i suoi pro e i suoi contro; delicata l'analisi della fede che fa Vasco Rossi restando sul generale, e più calda quando sposta l'attenzione sul suo piano personale. Leggendolo viene da pensare che lui creda in un Dio, però senza crederci. Che non vuol dire aver fede "a suo uso e consumo"; semmai, vuol dire essere arrivato a lambire i confini dell'agnosticismo dopo aver affrontato grandi discorsi interiori, pur conservando in qualche atomo quell'invisibile speranza e dopo aver cancellato ogni certezza culturale ereditata. Da qui, il passaggio obbligato attraverso quel male di vivere che riempie di amarezza intere giornate, interrotto da brevi istanti di felicità. Sempre capace di azzardare la ricerca di una serenità che potrebbe essere figlia solo del completo rispetto di se stessi,  Vasco Rossi ha il coraggio di guardarci negli occhi e dirci che lui non ha mai imparato a rispettarsi fino in fondo.
 
Ne "La Versione di Vasco" non c'è un passaggio più toccante di un altro; sono tutti percorsi delicati e struggenti, leggeri o amari, ma mai superficiali; premesso questo, l'inizio della parte riguardante "L'Amico Fragile... ma a volte basta un complice" penso vada letta senza che io anticipi nulla. Perché riguarda Massimo Riva. Perché spiega cosa ha causato la prima e giustissima ruggine con un certo altro autore italiano. E lo spiega senza volerlo spiegare; solo raccontandolo, puntando comunque il dito medio contro la speculazione e l'ipocrisia di certe persone (e di quel certo personaggio) che hanno scelto, per l'occasione, una facile "comodità" di posizioni al posto di un rispettoso silenzio. In seguito affronta il tema della famiglia e delle persone che lo hanno circondato, e che non ci sono più, e di quelle che lo circondano ancora oggi, in una struggente analisi di passioni e di emozioni forti, a volte dubitative (su se stesso), ma rinfrancate dalla condivisione degli affetti. Ci parla delle cicatrici della sua anima, fotografandole come episodi dolorosi ma inevitabili, con riferimenti sia ai grandi drammi personali sia a quelli più popolari.
 
Il capitolo "Siete Solo Voi" è un piccolo miracolo d'amore; leggerlo con l'anima aperta vuol dire andare incontro a qualche lacrima di commozione. E di consolazione. E' la carezza che Vasco Rossi dedica al suo popolo, non formato da fans ma da persone. Consapevole e imbarazzato, a uomini e donne oggi consapevoli e altrettanto imbarazzati da tanto calore, da questo scambio senza inizio né fine di sentimenti forti e mai contrapposti. Non ci sono perché e non servono spiegazioni; Vasco Rossi è il suo popolo, e il suo popolo è Vasco Rossi, in un perfetto e indissolubile connubio di intenzioni, parole, pensieri, azioni ed emozioni, pur mantenendo inalterata quella personalità individuale che fa, di ognuno di noi, un essere unico e inimitabile.
 
"Voglio una Vita... Come la mia!" strappa più di un sorriso; episodio folgorante del grande umorismo dell' Uomo-Vasco lo si ritrova in un pensiero riguardante Mick Jagger, la droga e se stesso. Anche in questo caso non voglio anticipare; il gusto di leggerlo dalla fonte è impagabile. Qui ci troviamo di fronte al ripercorrere alcune tappe della sua vita artistica e sociale con la possibilità di guardare le cose "da dentro", avendo, a tratti, la sensazione di essere i protagonisti e non dei "semplici" lettori. Sensazione che, catapultati per un istante dietro le sbarre di una prigione, aiuta a guardare le cose da altri punti di vista.
 
"Oggi ringrazio il Cielo... e la chitarra" chiude la sua autobiografia, che non poteva avere finale più azzeccato. Altre riflessioni, altre osservazioni, altre introspezioni e mille confronti con se stesso, per una conclusione che è tutta da gustare. Non come se fosse un film, né come se fosse un romanzo. Piuttosto, come se fossimo noi stessi al suo posto e ci trovassimo a voler offrire una nostra versione delle cose e delle prospettive. Tenendo sempre ben presente quello che ci dice Vasco in proposito: "Canto e scrivo nell’unica lingua che conosco, quella della mia anima".
 
Tornando all'inizio di questa recensione, alla domanda: "Ma chi sarà mai, questo Vasco Rossi che ha avuto così tanto successo?", quindi, possiamo rispondere che Vasco Rossi è un drogato, sì, ma di buon senso, di lealtà, di trasparenza, di onestà, di grandi sentimenti e della vita stessa. Senza queste cose va in astinenza, non può farne a meno. Per cui i suoi fans, al massimo, sono "fatti" di lui, e "La Versione di Vasco" è il completamento ideale del film-documentario "Questa Storia Qua". Non il seguito. Né, per fortuna, la fine.
 

Recensione di Arcangelo Ark Tangorra
 
Tutte le news


 


Segui Vasco su: