L'ALTRA META' DEL CIELO
(Rock-Romance di Arcangelo Ark Tangorra)
Le luci si abbassano. La musica sale da sotto. E sono archi, non rullate di batteria. Archi che scendono nello stomaco e ti aprono una voragine. Un pugno di secondi di crescendo, ed ecco le note di pianoforte. Albachiara. Gli occhi si inumidiscono, le mani stringono la stoffa dei pantaloni, la sedia diventa scomoda all'improvviso. Giri e ti rigiri su te stesso, cercando di trovare una posizione che ormai hai perduto per sempre.
E lo sai.
I piedi cominciano a ritmare il tempo, la tua bocca canta in silenzio seguendo la voce di Vasco. E non lo puoi evitare, inutile starci a girare attorno. Sei alla Scala di Milano, ti guardi intorno un attimo e ti accorgi che il contesto è del tutto diverso da quello a cui sei abituato. Platea, cornice di palchi antichi in stile barocco, maschere in guanti bianchi e balaustre vecchie di cent'anni. Non è uno stadio, non è quel vecchio Comunale di Torino degli anni '80 in cui eravamo in mille in un'unica curva, e non è Catanzaro, in cui si era in quattrocentomila. Eppure la sensazione è uguale, se pure diversa; qui è la maestosità a spaccare quel cielo in due, al posto delle voci che urlano e sudano sotto un palco da concerto.
E c'è Silvia che fa a pugni con Susanna, Anima Fragile che è una fortuna che sei seduto, Brava e Gabri che sembrano volersi prendere gioco di te, Incredibile Romantica e Laura che diventano "amiche per le note", Brava Giulia e Delusa che si scontrano in una perfetta contrapposizione di esistenze, Jenny è Pazza e Sally che ti affondano le dita nella carne e ti tirano fuori quello che ti resta ancora sul fondo degli occhi, come in attesa... E Un Senso che riesce a toccarti fisicamente quasi come se fosse per coccolarti, per consolarti.
Guardare L'Altra Metà del Cielo non è possibile. L'Altra Metà del Cielo non si può guardare. Ci si trova dentro, immersi in uno scorrere di sequenze dei quali si è protagonisti, partecipi di quel balletto, che è un balletto senza essere un balletto. Squarci di vita, spaccati adolescenziali, crisi di coppia, sensualità allo stato puro (a tratti irriverente e provocatoria, sul filo del limite dell'eccesso), pennellate di follia, visioni deformate e deformanti di una realtà che si distorce e talvolta turba, facendoti contrarre i pensieri e cancellandoli, per lasciare posto alle pure emozioni di essere uno di loro, là su quel palco, a fumare una sigaretta, a piangere disperato, a prendere a calci un pallone, a spiare una donna al suo risveglio (la TUA donna...), a litigare confuso dalle nebbie della rabbia, a strisciare per terra distrutto dal male di vivere o a fare l'amore nell'unico modo nel quale si può parlare di "fare l'amore".
Non c'è pace, ne "L'Altra Metà del Cielo"; non è un film, non c'è la pausa, non c'è "la pubblicità". Come in una sequenza di polaroid magistralmente posizionate una accanto all'altra, non c'è un solo istante nel quale si possa tirare il respiro. Martha Clarke ha sposato la causa di Vasco, riuscendo a rappresentare, nello stesso stile del ProvocAutore di Zocca, le varie fasi della sua ascesa artistica, dipingendo le sue donne con colpi di pennello decisi, graffianti o sfumati a seconda della situazione. Un'artista assoluta, una visionaria che ha saputo tratteggiare, dietro i volti dei personaggi, l'anima dell'Uomo-Vasco, cogliendone quegli stati d'animo che gli hanno permesso di scrivere capolavori senza tempo e senza fine. Celso Valli, da parte sua, ha rivisitato quei capolavori dandogli un taglio che definire pop-sinfonico è decisamente riduttivo. Qui bisogna parlare di autentica poesia musicale, non classificabile in nessun genere, non etichettabile, non imbottigliabile in nessuna tanica di vino. Che non scorre a fiumi, lassù, perché non serve; sarebbe stato un cliché esasperato e ovvio.
L'Altra Metà del Cielo, di "ovvio", non ha nulla; grida di dolore, bisbiglia di dolcezza, urla di gioia, lacrima di vuoti esistenziali, e trabocca amore, rock e sesso.
Quando finisce, quando ci si alza, quando si esce... Non c'è spazio per nessuna domanda. Non c'è la possibilità di analisi critica. Non è neanche possibile identificare o distinguere dei discorsi tecnici. L'armonia del corpo di ballo ha vinto. E l'intensità di Vasco ti ha distrutto.
Riesci solo ad alzare gli occhi al cielo. O meglio, all'altra metà; quella che è rimasta fuori dalla Scala di Milano. E, a quel punto, mentre guardi sù, ti senti sussurrare... "Cara mia metà del cielo rimasta fuori... Non sai cosa ti sei persa!".