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18 Gennaio 2012
 

Fuck…ino aeroportuale

di Arturo Bardini

E' un lavoro faticoso: alza bagagli oggi, alza bagagli domani…
Cominci ad odiarli, questi bagagli.
Poi continui: alza bagagli la mattina alle sei, alza bagagli la sera di Ferragosto…
Arrivi al punto che iniziano a starti sul cazzo, questi passeggeri che vanno a zonzo.
Poi mica smetti: alza un bagaglio troppo pesante, alza un bagaglio troppo grosso…
Alla fine li odi, questi stronzi che seguitano ad andare in giro per il mondo con quaranta chili di bagaglio appresso.
Poi, ancora: ti prendi uno strappo per uno sforzo eccessivo, ti fai male per un valigione rigido che ti è caduto addosso…
Succede che ne prendi uno, di bagaglio pesantissimo, ti viene un desiderio smodato di distruggerlo, ti viene.
Perché ci vuole uno sfogo, ogni tanto. E' necessario. E’ imperativo.
 
Così ieri, per esempio, ne ho preso uno esagerato. Aveva il peso e la forma di un frigorifero. Sotto aveva pure le rotelle.
Non mi servono a niente, a me, le rotelle, ho pensato subito.
Io devo prenderlo dal nastro trasportatore e metterlo dentro al contenitore: devo alzarlo comunque.
Le rotelle servono solo al proprietario per portarselo in giro.
Servono solo a quel bastardo del proprietario che ha la faccia tosta di pretendere di viaggiare portandosi dietro la casa.
Un passeggero del genere è uno che lancia una violenta provocazione che non può essere trascurata. E’ una persona che mostra un'inaudita incapacità comportamentale che va educata.
Allora ho preso questo armadio fottuto, l'ho alzato con uno sforzo immane… E l'ho sbattuto a terra, dalla parte delle ruote.
Si sono polverizzate, le ruote.
Completamente.
Le usi più col cazzo, le ruote, ho pensato pieno di soddisfazione morale.
 
Mi sono messo ad osservarne i resti da vicino e con molta attenzione.
Te lo porti a braccia, adesso, stronzo, il tuo bagaglione. Così ti rendi ben consapevole, una buona volta, di quanto pesa. Te ne accorgi, una volta per tutte, che roba.
 
Quello di oggi, invece, è stato un caso: lo prendo per il manico, il manico mi resta in mano.
Mi succede abbastanza spesso.
Le valige sono costruite in modo da sopportare un certo peso massimo, è ovvio. I proprietari, invece, si ostinano a caricarle per almeno il doppio.
I manici non ce la fanno. Non possono.
Insomma, guardo questo manico: nuovo, devo dire, intonso, staccato tutto d'un pezzo.
Quindi penso: "E' giusto".
E’ un’evidente conferma del nesso causa-effetto che regola ogni aspetto dell’esistenza umana, e una diretta conseguenza delle più elementari leggi della fisica.
 
In realtà, a guardarlo da vicino, il manico non è proprio rotto: si è semplicemente staccato.
Forse si potrebbe anche rimetterlo a posto, penso d'impulso.
 
Legata al manico c'è anche una targhetta con sopra il nome del proprietario e l'indirizzo.
Silvana De Monti, Rio de Janeiro ecc, leggo, prima di lanciare tutto in aria.
Silvana, mi dico, ma vaffanculo.
 

Arturo Bardini
 
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