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3 Aprile 2020
 

COLPA D’ALFREDO ENTRA NEGLI ANTA..

  
 


Da un’intervista al Corriere della Sera del 1980:

“Che significa per te, essere un cantautore?

Vasco: Piangere, ridere, divertirsi, Fare piangere, ridere, divertire…

Molti ti accusano di non avere uno stile ben definito. Cosa ne pensi?

Vasco: Molti sono in crisi perché non sanno come etichettarmi: cantautore, bluesman, rockettaro. Nessuno ha ancora capito che io non ricalco nessun genere musicale perché faccio musica sperimentale.

Vasco era al suo terzo disco con “Colpa d’Alfredo”, e la critica, come vedete da questi stralci d’intervista, faticava ad etichettarlo. Probabilmente anche il pubblico aveva qualche problema a definirlo, era chiaro però un fatto: Vasco o piaceva oppure no, senza mezze misure.
Non si chiamavano “haters” o “lovers”, ma esistevano anche negli anni ottanta, e Vasco ne è sempre stato contornato.
La differenza con Colpa d’Alfredo la fecero i numeri, Vasco ormai spopolava in Emilia Romagna, non c’era nessun motivo per rimpiangere i tempi della radio. I suoi concerti erano già dei mini evento, tanto che chi ne fu testimone allora, oggi si sente come un vero apripista. L’energia era esplosiva durante i live e Vasco aveva deciso coscientemente di rischiare la sua vita, a costo di riuscire in quest’avventura.
“Non sono bello, sono stuzzicante”, diceva.
Il pubblico femminile è stata fin da subito una caratteristica precisa: Vasco è bello e dannato, va da sé che piaccia, e che il suo camerino abbia una folta cerchia di groupies ad aspettarlo a fine concerto. I suoi testi sono violenti e crudeli, pronti a sciogliersi di dolcezza e malinconia durante il momento dell’introspezione.
Ci sta riuscendo e lo si sente nell’aria.. sta arrivando al cuore della gente.
Vasco aveva tutto un suo pubblico, che era quello che amava il punk, i Clash, gli Skiantos. Arrivava a chi voleva, al suo splendido pubblico di nicchia. Poteva già andare benissimo così.
Ma in realtà la storia, 40 anni fa, non era nemmeno iniziata.

ChiaraRedaz



 

 
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