E fu cosi’ che Vasco, Gladiatore del secondo millennio, trasformo’ lo stadio Olimpico di Roma nell’Olimpo del Rock…
Due serate e 120.000 spettatori caldi e veraci come la Capitale, concluse con l’apprezzatissimo riconoscimento donato a Vasco dal Presidente del CONI per aver fatto non UNO non DUE, ma ben VENTI concerti sold out in quello stadio, ovvero per aver emozionato 1.200.000 cuori!
Indimenticabile l’arrivo del Principe, Francesco de Gregori, ospite pacato e nobile della seconda serata, alla vista del quale il pubblico di Vasco intona
, e al quale Vasco si inchina felice, per un abbraccio dal palco.
Momento di intensa commozione quest’ultimo, che immortala il rispetto e l’affetto reciproco di due fenomeni immensi della musica italiana.
È tempo di bilanci per Vasco Rossi. Lo avevamo lasciato sul suo trono, in stato di grazia, gongolante e compiaciuto di fronte ai 220mila di "Modena Park", l'apoteosi del re e del suo popolo. Ora lo ritroviamo di nuovo nelle vesti di mattatore degli stadi italiani, più carico che mai, impegnato a portare in giro uno spettacolo (ha debuttato lo scorso 1° giugno a Torino ed è arrivato a Roma per due date, l'11 e 12 giugno, entrambe sold out) che rappresenta quasi una logica prosecuzione di quel concerto leggendario: lascia da parte la celebrazione, si concentra sul presente e racconta il Vasco post-Modena, un uomo che si guarda indietro e prova a tirare le somme. Ma senza nostalgie passatiste.
Anziché sedersi sugli allori, il rocker di Zocca si mette di nuovo in gioco: rivoluziona la band, rispolvera canzoni che non eseguiva da tempo nei suoi concerti, ritocca ancora una volta il suono dei pezzi, rendendolo ancora più compatto e spigoloso. Soprattutto, si circonda di giovani: gli ingressi della polistrumentista Beatrice Antolini e del bassista Andrea Torresani (passato "dalla panchina direttamente al ruolo di squadra a", subentrando all'ultimo momento a Claudio Gonelli), oltre a svecchiare di molto l'età media del gruppo, hanno permesso a Vasco di circondarsi di entusiasmo giovanile. E in mezzo ai giovani è ringiovanito anche lui, che sembra aver fatto un patto con il diavolo: scherza con i suoi musicisti, gli fa dei piccoli dispetti, sorride, saltella, pubblica bizzarre storie su Instagram (finito il tempo dei "klippini" su Facebook, è ufficialmente cominciata una nuova era del Vasco versione social). È un pischello che ha voglia di divertirsi e di cazzeggiare, in barba ai suoi 66 anni. E che se ne frega di apparire buffo - soprattutto ai metallari più intransigenti - quando accenna "Ender sandman" dei Metallica ("You know Metallica? You know Metallica? Enter laaaaaiggggg, enter laaaaaiggggg, eeeeeehhhhh") e quando dice che questa è la sua svolta industrial metal.
La scaletta rotola giù perfettamente: l'apertura con "Cosa succede in città" (uno dei suoi classici degli anni '80, per l'occasione riarrangiato insieme al chitarrista Vince Pastano, nuovo direttore artistico dopo la scomparsa di Guido Elmi), accolta dal boato dell'Olimpico, è micidiale. Così come sono micidiali "Deviazioni", "'Blasco' Rossi", "Fegato, fegato spappolato" (altro grande classico rispolverato per questo tour), il medley rock e le immancabili "C'è chi dice no" e "Gli spari sopra" ("Ed è sempre stato facile fare delle ingiustizie / prendere, manipolare e fare credere / ma adesso state più attenti, perché ogni cosa è scritta", canta, con un sorriso beffardo sulle labbra).
Vasco si muove tra istinto e ragione: riesce ad essere duro e spietato nei pezzi più rock, malinconico e riflessivo nelle ballate esistenzialiste. "Vivere non è facile", "Stupido hotel", "Siamo soli", "Sally" e "Vita spericolata" ti arrivano addosso come un'onda e ti travolgono: "E adesso che sono arrivato fin qui grazie ai miei sogni / che cosa me ne faccio della realtà?", canta in "E adesso che tocca a me". Uno dei momenti più emozionanti della serata, insieme all'abbraccio con Francesco De Gregori (che ha seguito tutto il concerto da spettatore, sotto il palco).
L'idea del rocker per questo tour, inizialmente, era quella di andare a portare un po' a tutti lo spirito di "Modena Park". Poi, però, ha capito che non avrebbe avuto senso: Modena è stata - e resterà per sempre - una cosa unica, irripetibile, impossibile da replicare. Se è vero che il concerto dello scorso 1° luglio ha rappresentato per Vasco una seduta psicanalitica con la quale ha fatto i conti con il suo passato e si è liberato di alcuni fardelli, i nuovi concerti sono l'inizio di una nuova fase della sua carriera, che ha senso proprio nel rispetto di "Modena Park": si va avanti, oltre la leggenda.
Questo tour proseguirà ancora per qualche giorno, fino al 21 giugno, giorno del gran finale a Messina. E dopo? Un tour nei palasport o nei teatri (se ne parla da tempo) sarebbe bello, ma significherebbe rinunciare a tutta la magia dei concerti di Vasco negli stadi, che sono delle vere e proprie messe laiche, dei riti collettivi. Sul palco c'è lui, il Blasco: uno sciamano che con le sue canzoni aiuta il pubblico a liberarsi dalle angosce, dalle frustrazioni, dalle inquietudini, dai pregiudizi.
A fare il dito medio alla vita.