9 Dicembre 2011
Poi mi chiedono perché ascolto Vasco
di Angelo Moraca
Spalancare il cervello. E’ un costrutto sintattico che mi ha sempre lasciato pensare. In bilico perché mentre ci provi, pensi di farlo, ma nel momento in cui pensi di farlo eclissi il tuo inconscio. E quindi sei chiuso, di nuovo e ancora (…e ancor più avvilito di prima). Ma nel momento in cui questa sensazione avanza c’è qualcosa…dentro…che spinge a convincerti che non è vero che sei chiuso ma l’esatto contrario. Che gli altri non hanno capito niente, che gli altri non conoscono niente, che gli altri sono degli idioti, che gli altri non sono all’altezza…insomma “che gli altri”. Appunto, dico io, proprio in quel momento gli altri sono quello che vogliono, che possono, e tu sei solo un emerito coglione non onesto con se stesso e di conseguenza col mondo che ti circonda. Chiuso in un vortice, una campana di vetro dalla quale non ti libererai mai, perché libero non sei…ma solo il pensare di esserlo, forse. Ma se hai facoltà di pensare che sei libero anche se in realtà non lo sei, e anche se essere liberi viene confuso con l’emotività da facebook, allora si ritorna al punto di partenza. Cioè: “la notte ha da passà, ce stà chi ce pensa” per usare un costrutto sintattico entrato nel fare e pensare comune.
Aprire il cuore. E’ un costrutto che mi ha sempre fatto ridere. Come se ci fosse un libretto di istruzioni da seguire. Un manuale scritto da chissà chi. Un qualcosa di regolato a priori. Se poi si bada bene alle espressioni facciali, al tono di chi è solito pronunciare una frase del genere, non ci vuole un genio per comprendere quanto stia mentendo prima a se stesso e poi a chi lo ascolta. Laddove (quasi) tutto è regolato da un tornaconto individuale, dalla logica economica, dalle coppie di convenienza, dagli amori utili, tutti i giorni ti tocca sentire almeno uno che ti pronuncia una frase simile. E ti viene da ridere dentro, perché in quel momento hai spalancato per davvero – almeno una volta! – il cervello senza inibizione alcuna e facilmente arrivi alla conclusione che è meglio cambiare aria altrimenti va a finire che il miracolo al quale stai assistendo (quello di aver permesso al tuo inconscio di pulsare sensazioni al tuo cervello) diventa stregua di un coglione che pretende di insegnarti o illustrarti quali sono le vie dell’amore. Anche se la parola “amore” viene elargita con troppa facilità, in un mondo di (in)decenti calcolatori, pionieri del “do per ricevere”. Ma non è questo il contesto.
E così in una notte dove da padrona è la luna, nauseato da tutti questi stereotipi moderni, ti viene da canticchiare un motivetto. E non sempre c’è un motivo per cantare un motivo, ma vale anche il contrario. E ti prende così, come quando vedi una donna scendere le scale avvolta nei suoi pensieri ma attenta a non inciampare e senza sapere chi è cominci a sentire il sangue che ti pulsa nelle vene a più non posso e senza controllo, e spalanchi gli occhi come un bambino che inizia a scoprire il mondo: pensieri confusi, immagini, sogni, respiri profondi, tachicardia; e con l’emotività che fa da padrona ti avvicini. E avvicinandoti le fai avvertire questa tua sensazione, inspiegabile anche a te stesso, ma riconducibile ad una canzone con note strofe e ritornello compresi. Canzoni per me, mi permetto. Si perché almeno questo è un diritto. Puoi lasciar scorrere dentro di te quello che realmente provi tramite una canzone, la cui magia risiede proprio nell’amplificare quello che hai già dentro…o che vorresti dire. E non si tratta di spalancare il cervello né di aprire il cuore, né di quelle frasi “usa e getta” che spopolano il web. Si tratta di far prendere forma alle tue sensazioni, alle tue emozioni. E per un semplice e inspiegabile e intramontabile attimo ti senti VIVO lontano da tutti quei veleni caratterizzanti i perbenisti i bigotti e i benpensanti, con quella voce alla quale volentieri non sempre dai sfogo che ti urla: Va bene, va bene (anche) così.
Poi mi chiedono perché ascolto Vasco.
Angelo Moraca