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13 Novembre 2011
 

Una Tesi di Laurea per te

di Camilla Fusai che si e' Laureata in Media e Giornalismo con una Tesi su Vasco

Camilla Fusai si e' Laureata in Media e Giornalismo all'Universita' degli Studi di Firenze con una Tesi su Vasco.

Congratulazioni a Camilla per la Laurea e ..buona lettura!

Lo scorso 29 Giugno, dopo quattro anni di Media e Giornalismo all’Università degli Studi di Firenze, mi sono laureata. E come tutti sanno, per laurearsi, c’è bisogno di scrivere una tesi. Anch’io ho scritto la mia. E devo dire che è stato piuttosto semplice farlo e anche un po’ divertente. E’ bastato unire il dovere ad una passione, chiamata Vasco.

Già dopo un anno all’Università avevo ben chiaro l’argomento che avrei scelto per la mia Tesi. All’inizio ero un po’ scettica, ho cambiato strada più volte nel corso degli anni, ma poi la mia scelta è ricaduta su di lui, soprattutto quando al primo tentativo, il mio relatore ha dato il via per questa splendida tesi (dal mio punto di vista).

Così nasce “L’immediato ermetismo comunicativo di Vasco Rossi. Un trionfo popular lungo trent’anni”.

La scelta del titolo rimanda ovviamente alle due grandi tematiche analizzate nel mio elaborato: il linguaggio e la carriera.

La scelta stilistica di Vasco è importante in quanto l’ermetismo presuppone delle scelte linguistiche e grammaticali molto complesse, anche se apparentemente banali. E l’importanza di Vasco, a mio avviso, è tutta qui: in quel suo linguaggio nudo, vivido, spogliato di ogni qualsiasi dogma stilistico che è stato imposto alla lingua italiana. Vasco riduce all’osso ogni frase arrivando a colpire dritto dritto il cuore dei suoi fans. Innalzandosi con le proprie scelte e le proprie mani (o penna che dir si voglia) a grande comunicatore.

L’altra grande tematica, che sembra anche la più evidente, è il suo successo.

La tesi tratta inizialmente il grande tema della musica italiana e straniera dei primi anni Cinquanta per inquadrare quello scenario musicale che ha introdotto nel nostro Paese la figura del Cantautore. Una figura importante per la vita di Vasco in quanto, dopo l’esordio come Deejay, la sua carriera inizia proprio dal cantautorato. Inutile dire che una parte è stata dedicata anche al Festival di Sanremo, palco che ha caratterizzato molto la vita del nostro rocker, e che torna spesso nelle mie centododici pagine, quasi fosse un fantasma.

Ho scelto di dare spazio anche alla vita privata di Vasco, soprattutto per quanto riguarda le vicende degli anni Ottanta. Senza di esse non lo si potrebbe capire fino in fondo.

E’ stato molto importante poi analizzare il passaggio dagli anni Ottanta agli anni Novanta, in quanto con l’arrivo del nuovo decennio la fama, quella vera, entra realmente nella vita di Vasco. Ma ancor più importante è stato l’arrivo del nuovo Millennio. Un Millennio ricco di successi, di traguardi e di fans. Fans che lo hanno seguito e continuano a farlo nei numerosissimi Stadi d’Italia. Ed è proprio all’interno di essi che la magia Vaschiana prende vita.

Camilla Fusai





[…] entriamo nel vivo dei concerti live, quelli che lo consacreranno al Re degli Stadi, analizzando i tour da San Siro 2003 fino al Live Kom 011, che trova qui solo qualche accenno in quanto ha preso il via solo lo scorso 5 Giugno.

[…]

E nell’analizzare i vari tour nei grandi spazi, gli Stadi, uno sguardo è stato lanciato anche allo Europe Indoor. La scelta di fare un Tour alla volta degli spazi chiusi è spinta dalla realtà circostante, quella descritta nell’ultimo album e sottolineata dalla sua partecipazione al Concertone del Primo Maggio. Il mondo outdoor è un mondo che non offre molte opportunità, dove tutto è sulle bocche di tutti, dove non vi è più distinzione tra politica e gossip, tra notizia e scoop. Dove l’informazione si è trasformata in disinformazione e nessuno ha più santi né eroi, come cantava lo stesso quasi trent’anni prima. Inoltre, la realtà virtuale sta mangiando i cervelli e le menti di ragazzini promettenti che non hanno più niente da promettere se non un appuntamento in chat con qualche ragazza che poi si svela essere un ragazzo, un uomo, un pedofilo. Dove la tecnologia ha trasformato i modi di vivere dei giovani, stravolgendo i luoghi di ritrovo che un tempo erano le Piazze di Paese e che adesso diventano Piazze virtuali di Google Street, Google View o Google Maps. Ragazzine e ragazzini che se sanno riconoscere una pianta, un fiore o un ortaggio è grazie alla loro fattoria, sempre virtuale, chiamata Farmville e non grazie all’orto che ogni mattina il loro padre, il loro nonno si appresta a curare. Piccole fanciulle cresciute nel mondo dei Reality Show, ai quali vorrebbero partecipare in modo da usarli come trampolini di lancio per assecondare la loro voglia di apparire, più che di essere, per diventare Veline. Piccoli ragazzetti che invece di giocare al pallone al campino dietro la Chiesa, giocano a calcio, ovviamente virtuale, alla Play Station, sognando sempre di diventare un grande calciatore per realizzare il loro sogno ma anche per sposare poi la Velina, che magari è proprio quella ragazzina che invece di giocare con le bambole da piccola, stava incollata allo schermo guardando il GF.

Di fronte a tutta questa messa in scena che è diventata la realtà, si sente sempre più il bisogno –se è rimasta un po’ di lucidità mentale- di rintanarsi in quei piccoli spazi rimasti incontaminati, con il crescente bisogno di intimità.

Un’intimità che Vasco, nel suo “piccolo”, vuol ricreare nei Palazzetti di mezza Italia.

Per riuscire in questa impresa, come ormai è già chiaro, ha scelto i Pala Sport, luoghi più piccoli, molto più piccoli degli Stadi, in cui Vasco ha un contatto molto più diretto con il suo pubblico rispetto agli Stadi che sono più dispersivi.

[…]

Parallelamente all’osservazione delle tournée, l’attenzione non si distoglie dai suoi testi in quanto Vasco continua a produrre e pubblicare album contenenti molte delle canzoni che si vanno ad aggiungere al suo repertorio classico e più datato e che fanno emergere ancora con più evidenza quell’ermetismo comunicativo che è il segno distintivo del nostro Vasco Rossi. Una scelta stilistica, la sua, volta alla diminuzione e alla riduzione delle parole per arrivare in modo più diretto al suo pubblico, in modo da far sembrare alle orecchie dell’ascoltatore, che stia parlando direttamente con lui. Una forma dialogica ma minimal firma ogni sua canzone, tranne quelle del primo repertorio, della fine degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, che vengono per questo ricollegate e ricollocate all’interno della corrente musicale del cantautorato.

E sono anche anni, questi, in cui il suo popolo cresce a dismisura, attribuendogli un’importanza che non ha eguali nella storia della musica rock italiana. Sempre grazie alla forma linguistica e stilistica delle sue canzoni, Vasco riesce ad attirare a sé migliaia e migliaia di fans, non quantificabili in un numero preciso, sempre in continua mutazione e crescita. Il suo popolo lo ascolta, lo osserva, lo segue e in lui si identifica, non considerandolo inarrivabile, non ritenendolo un Vip, ma un amico, uno zio, un uomo. Un uomo che si è costruito con le sue mani, che è uscito dalle bufere e da queste ha imparato a prendersi così com’è: puro, reale, vero. Una strada percorsa tortuosamente ma sempre con lo stesso obbiettivo: arrivare al suo popolo. Così, tramite la saggezza acquisita nel corso della sua carriera, Vasco produce un album perfetto nel 2011, Vivere o Niente che gli donerà quella maturità dalla quale è sempre fuggito e che forse ancora oggi lui stesso, non riconosce di aver acquisito.

Un percorso iniziato nelle balere, nei sobborghi cittadini e periferici, nelle discoteche ancora non troppo affollate, ma già colme di suoi fans che lo ascoltavano alla Radio. Un inizio soffocato dagli insulti provenienti dal mondo italiano, ancora molto borghese e chiuso di mentalità per accettare un individuo come Vasco. Le critiche lo hanno seguito in lungo e largo, portandolo a cantare di scappare fino in Messico per non incontrare ancora quel tale che scrive sul giornale. Nessuno lo voleva. Poi all’improvviso, tutti lo hanno voluto. E lui ha iniziato a fuggire da questa realtà ipocrita e menzognera, che lo voleva ovunque e lo vuole tutt’ora sotto i riflettori televisivi. Ma Vasco si presta solo ai suoi fidati amici conduttori e giornalisti, due fra i pochi Milena Gabbanelli e Red Ronnie.

Ma al suo popolo, sempre fedele, si presta eccome. Presta attenzione a tutti i suoi sostenitori, purtroppo non può farlo uno per uno, ma si avvicina a loro tramite la comunicazione e le tecnologie che caratterizzano il nuovo Millennio. Ed è tramite Facebook che Vasco parla e si avvicina ai suoi fans, aggiornandoli dei suoi movimenti, delle sue scelte, delle sue novità e della sua vita. Così nell’ultimo capitolo, abbiamo parlato della sua indole verso la tecnologia che lo rende un navigatore, più che d.o.c., rock.

Con questa tesi ci poniamo l’obbiettivo di delineare il successo popular di Vasco Rossi che dura ormai da trent’anni, cercando di capirne i meccanismi e le scelte che lo hanno portato ad essere il rocker indiscusso, il più amato, il più seguito. Nel fare questo abbiamo studiato libri e biografie. Analizzato articoli e canzoni. Ascoltato la sua voce e visto video. Navigato nell’infinità di blog, forum, pagine Facebook e abbiamo analizzato nel dettaglio il suo sito ufficiale.

Non è impresa facile scovare l’essenza del Re degli Stadi. Ma una cosa è certa: la sua potenza comunicatrice non ha precedenti. La sua forza di attirare a sé fans appartenenti a generazioni differenti non ha paragoni. Dietro alla sua apparente banalità c’è uno studio dettagliato e spericolato della lingua italiana, resa semplice e spogliata di ogni sua oscurità che lo rende diverso da tutti gli altri cantanti del mercato discografico italiano. E poi c’è quella forza esplosiva che solo lui sa trasmettere al suo pubblico dall’alto di un palco. Il suo successo sta tutto qui, in queste caratteristiche che lo contraddistinguono, ma ancor di più sta nelle emozioni che riesce a dare al suo popolo e che il suo popolo sa rendere a lui.



E ancora una volta Vasco Rossi, classe 1952, dal nome così anonimo e dal cognome più diffuso in Italia, si fa comunicatore di ben tre generazioni, mantenendosi al passo con i tempi, adeguandosi alle innovazioni per stare sempre più in contatto con il suo popolo. E che bel popolo, quello del Blasco. Un popolo che non si ferma mai e che cresce a vista d’occhio.

Una comunità di fan che lo sostiene da anni, costantemente e continuamente con il passare del tempo, affiancati a coloro che lo accusano e lo giudicano da sempre, ritenendolo un sempliciotto, un patetico, un cantante fra i tanti, un personaggio superficiale. Ma come ben sappiamo, ad ogni pro il suo contro.

Noi non siamo qui per giudicarlo frettolosamente dei suoi errori, errori che comunque si sono rivelati utili alla sua vita, al suo percorso da rocker indiscusso.

Quando Vasco ha iniziato era solo, lui sul suo palco. Oggi ha un intero popolo al suo seguito e un palco che è cresciuto insieme a lui, avvolto da una strana magia. Contrariamente a quanto pensa non è la musica ad esser magica, ma sono la sua voce, le sue parole, i suoi testi che creano quell’atmosfera mistica e sacra che caratterizza i suoi concerti ma anche i suoi dischi, trasmettendo una varietà infinita di sensazioni che vanno direttamente da lui al suo pubblico che, come se riflesse in uno specchio, vi rimbalzano sopra e ritornano a Vasco. Un turbine di sensazioni, un vortice di emozioni derivanti dalla sua capacità comunicatrice che non ha eguali nella musica rock italiana ma che soprattutto non derivano da nessuna droga sintetica, anche se gli effetti sono gli stessi.

Una massa di individui che nella vita quotidiana non ha niente in comune ma nonostante questo è sempre pronta a muoversi da ogni parte dell’Italia solo per lui, solo per Vasco, per vivere a trecentosessanta gradi l’atmosfera che solo lo Stadio riesce a donare. Una folla che così si uniforma e identifica in lui grazie alla forza comunicatrice delle sue canzoni che da trent’anni sono il punto di riferimento di tre generazioni. Canzoni dure, ballate, rock, liriche, romantiche, poesie. Semplici al primo impatto, profonde dal secondo ascolto. Mentre dal vivo il suo pubblico trova forza e si riconosce in lui grazie alle sue espressioni, ai suoi movimenti che risultano a volte un po’ goffi ma che lo rendono simile ad ogni qualsiasi altra persona.

Vasco ha iniziato la sua carriera avvolto dalle critiche di qualche tale che scriveva sul giornale o di chi voleva fare troppo il moralista. Ha iniziato da escluso, da recluso, da condannato ad una vita sregolata. Ma nonostante questo ha continuato a percorrere la sua strada, quella che lo ha portato lontano, fino a noi, fino ad oggi. Un successo arrivato lentamente nei primi anni e poi esploso all’improvviso e mai fermatosi. Una strada fatta di ostacoli e blocchi percorsa sempre con il dito puntato contro, sempre pronto a provocare.

Amato da molti, odiato da tanti.

Amato per la sua semplicità, per la sua spontaneità, per la sua sincerità, per la sua immagine tutt’altro che studiata e calcolata.

Amato per la sua voglia di vivere che riesce a trasmettere con totale trasparenza ai suoi fans, molti dei quali, se non tutti, traggono da lui la loro forza per andare avanti.

Amato per la sua sicurezza sul palco che nel privato si trasforma in timidezza, la quale è racchiusa tutta nei suoi profondi occhi blu.

Amato per la sua forza comunicatrice che si insidia nei suoi testi e nei suoi gesti.

Ma a volte anche odiato.

Odiato per la sua apparente banalità che sfocia a volte nella pateticità, abbassandolo ai livelli di inutili cantanti che non hanno niente da dire.

Odiato, un tempo, per la sua sfrontatezza e il suo inneggiare a valori politicamente scorretti e contro la buona morale.

Odiato, da vecchi fans, per aver abbandonato la linea che seguiva nei primi anni Novanta.

Ma chi ama solo il così detto “vecchio Vasco”, non lo ha amato veramente. Chi lo ama, ama anche il suo presente, il suo essere così com’è oggi che deriva dal suo passato sregolato. E chi lo amava un tempo, ma non lo ama oggi, non lo ha mai capito fino in fondo. Perché di un cantante non ami il passato o il presente. Di un cantante ami tutto, ammetti gli errori, ammetti gli sbagli, le perdite, le sconfitte, i successi, i trionfi. Un mito, diventa il tuo mito, quando lo comprendi e nel comprenderlo, riesci a ripercorrere la sua strada, accettandone ogni scelta di vita.

E chi odia Vasco, e ovviamente con il verbo odiare stiamo forse un po’ esagerando, lo odia per l’apparenza dei suoi testi. La sua scelta stilistica, quella dell’ermetismo che riduce al minimo la stesura di ogni testo non per poco intelletto ma per una comunicazione più diretta, può trarre in inganno. Dietro alle ripetizioni infinite e quasi nauseabonde agli occhi di un inesperto, è nascosto uno studio arduo e tutt’altro che banale, di stili linguistici minimal volti esclusivamente alla facile comprensione, alla diretta comunicazione. Perché Vasco è riuscito a cogliere in pieno ciò che vogliono i suoi ascoltatori, ovvero l’esser colpiti dritti nel cuore e nelle loro emozioni. Vasco così, riesce a far identificare il suo pubblico nelle mille storie che racconta nelle sue canzoni o a trarne insegnamenti. Vasco effettua un’incredibile auto-introspezione che viene catapultata nell’animo dell’altro, si guarda dentro, si scopre, si studia, si analizza e nel fare questo con sé, lo fa inconsciamente anche con gli altri.

Dire cos’è Vasco è difficile, quasi impossibile. E sembra incredibile non poterlo definire né con tante parole né con poche. Vasco non lo si può collocare in una qualche categoria inventata dal mercato musicale. Non è né un poeta, perché a lui non piace esser definito così, né tantomeno un cantautore, strada abbandonata da ormai molto tempo.

Vasco è tutti noi, tutti i fans. E’ come un vecchio saggio di montagna che non vuol sentirsi chiamare maestro, consapevole ma allo stesso tempo inconsapevole della capacità comunicatrice che ha nelle sue mani, o meglio nella sua voce. Vasco è sincero, è un libro aperto. Vasco è un esempio, una guida. Vasco è un amico, un confidente. Vasco è un uomo.


Vasco è Vasco. Semplicemente.

“Io non sono un cattivo maestro. Non sono proprio un maestro:

semmai sono cattivo, ma maestro no.

Non sono un esempio, sono una persona, un uomo.

Sono la voce di chi non ha voce, sono la voce della gente.”[1]



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[1] Cit. Vasco Rossi.
 
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