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6 Aprile 2011
 

Spazio Komandante - 6 Aprile 2011

Replica alla replica di Veneziani



La spiegazione di Vasco a Marcello Veneziani: “Sei un gran opportunista, ma educato ed affettuoso”


di Vasco Rossi



Una vita già definita da un senso divino, universale e prefabbricato o una vita in cui niente è preordinato e già deciso dall’alto ed in cui, dunque, ogni individuo deve faticare per dare personalmente un senso a tutto, per poi immetterlo nel mondo, magari nella speranza di migliorarlo almeno un minimo?

Vasco si vede costretto a chiarire al pensatore la differenza tra nichilismo ed esistenzialismo: “Il tuo bisogno disperato di pubblicizzare il tuo libro ti ha fatto commettere un grosso sbaglio: pur vivendo in un mondo in cui sembra predominare il nichilismo, tutte le mie canzoni ed io stesso siamo da sempre (e ancora restiamo) intimamente caratterizzati da un forte ed evidente esistenzialismo”.




“Vivere o niente” oppure “Scoliamo la pasta”? Due frasi, due cose (il titolo del mio ultimo album e il tentativo maldestro ed insieme insensato di Veneziani di pubblicizzare il suo ultimo libro ed in modo assai poco ortodosso - a dir poco –, per non dire scorretto – ma oramai l’ho detto!), due posizioni chiare e contrapposte. Il primo: un modo esistenzialista di vivere la vita; il secondo: un modo meramente funzionale e opportunista di “cogliere la palla al balzo” strumentalizzando il lavoro di qualcun altro.

Del secondo ne parla “Il Giornale”, nell’evidente mancanza di argomenti più seri da trattare, e nel tentativo esplicitamente espresso di farne un duello da svolgersi su “Il Giornale” stesso, al fine puramente commerciale di venderne più copie.

Il sedicente filosofo Marcello Veneziani, intellettuale di destra e scrittore, ha lanciato il suo amo giovedì sul “Il Giornale”, dove tiene la rubrica che ha chiamato “Cucu’”: titolo profondamente significativo, allusivo e davvero appropriato se il suo modo di scrivere è in qualche modo analogo al comportamento di un uccellino artificiale che esce dal proprio nido prefabbricato all’improvviso… solo per fare “Cucù!”, solo per il divertimento dispettoso di arrecare un po’ di inquietudine al mondo ricordando il passare inesorabile del tempo, e per poi tornare a nascondersi subito dopo!

Lui ha lanciato l’amo ed io, per ingenuità ma anche per coraggio (perché questa è da sempre stata la mia indole - e credo di averlo dimostrato in ogni occasione del mio vivere) ho abboccato subito!

Adesso bisogna giusto vedere se l’uccelletto artificiale non risulti soltanto ridicolo… E se il pesce preso all’amo non si rilevi troppo grosso!

La tesi insensata e pretestuosa (ma anche gravissima, se concepita da qualcuno che pretende di spacciarsi (!) addirittura come un ricercatore professionista del senso della vita umana!) è che io sia il simbolo del peggiore nichilismo moderno. Niente meno!



Caro Marcello Veneziani,

qualcuno l’ha definita “filosofo”, ma io penso che:

Il filosofo autentico spesso è uno che neppure sembra un filosofo.

Il filosofo poi, comunque, è uno che sfugge sempre ad ogni definizione, perché lui è un innamorato dell'infinito… Ed in modo paradossale, anche, per definizione.

Il filosofo può essere chiunque: un operaio, un cantautore, una donna o anche un bambino. Perché essere filosofo è un modo di stare al mondo, di vivere le cose, di stare in rapporto con la terra e con il cielo… E col Sole, pure… ! Che sembrava fermo …E invece si muove!



Caro Veneziani,

io non ho mai mosso una critica filosofica ai suoi articoli ed ai suoi libri, non vorrei mai permettermi, non ne ho la competenza e non ne ho avuto mai neanche (…”manco”…!) l’idea. Ma dal momento che mi dimostra di non averne abbastanza neanche lei, di competenza filosofica, allora accetto divertito questa sfida all’avventura…! Anche perché lei lo ha voluto rendere necessario.

Mi avventurerò adesso, allora, e certo con un equilibrio precario (sopra la follia!), ma anche con coraggio e con serenità d’animo, in un campo che non ho mai scelto come mio percorso di vita e che non è mai stato di mia competenza. Perché l’esistenza è imprevedibile e precaria, si sa! Quindi le dirò che il suo pensiero sistematicamente reazionario e profondamente nostalgico, ai limiti del fanatismo per il passato, non mi è mai piaciuto. Questo però non mi ha mai impedito di vederla e di giudicarla sempre come un brav’uomo e come un professionista serio e corretto, almeno fino ad ora, cioè fino a quando non mi ha tanto esplicitamente e pubblicamente usato quale mero strumento ed espediente subdolo per pubblicizzare il suo ultimo libro.

E sia, allora: pubblicizziamolo pure, questo suo ultimo libro, nel tentativo di venderne almeno la metà delle copie di un mio disco! Glielo auguro di cuore, sul serio. Perché sono un ottimista, io, in fondo. Poteva chiedermelo anche in modo più cortese, onesto ed esplicito, del resto: tutti sanno quanto sono incline alla beneficienza per chiunque ne abbia bisogno, dopotutto.



Avevo e ancora mantengo, malgrado questa sua recente mancanza di “onestà intellettuale” e di rispetto per il prossimo, una simpatia istintiva (e…ingiustificata…?!) nei suoi riguardi. Però mi sono convinto, ora, che lei sia stato – e che lo sia tuttora -, almeno in questo momento, soprattutto in questo contesto, un opportunista ed un furbetto. Però sempre gentile, educato, affettuoso e attento… a non dimenticare mai di edulcorare l’attacco critico e di coprire il suo scopo pubblicitario aggiungendo qualche personale complimento.

Ha ragione a farmi notare quanto non le interessi sapere i fatti miei, ed io avrei certo fatto bene ad intuirlo subito, a capirlo prima. D’altronde, considerare la mia vita artistica e le mie canzoni come parte costitutiva dei miei fatti personali, e considerare la mia vita personale e privata come parte integrante e coerente alla mia vita pubblica, ha sempre fatto parte, a sua volta, del mio carattere! E anzi credo che sia anche, perfino, una delle ragioni principali del mio successo artistico. Perché molta gente ha interpretato e ancora considera una simile concezione quale sintomo e prova del mio modo di stare al mondo sincero, onesto e genuino. E tra questa gente così lontana da lei, caro Veneziani, ci sono anche io stesso. Perfino!

Accusare me, poi, - cantautore onesto – di essere un cattivo maestro… con i politici che ci rappresentano in questo momento… Quale coraggio…?, mi chiedo …stupefatto (…lo ammetto!).

Poco coraggio, invero. Precisamente: Coraggio Zero!

Coraggio sarebbe invece sottolineare il dovere etico e categorico per ogni politico di dare un buon esempio pubblico, al massimo.

Al massimo? O al minimo…?!

Coraggio sarebbe rivendicare il diritto di ogni cittadino ad avere una classe dirigente che non si ponga al di sopra della legge, al limite…

Ma no, forse mi sbaglio io: sono solo un cantante del Vivere (o Niente), mica un filosofo dell’Essere (e del Vendere)!

D’altro canto, dandomi del maestro, lei ha indirettamente decretato che la cultura, oggi, in Italia, la creo io, e non la scuola, la televisione o la politica… o la religione! Eppure non smette di apparirmi, questa, una tesi assai bizzarra, per non dire assurda o ridicola. “Leggermente” forzata!

Il modello di vita veicolato dalla strapotenza mediatica dell’industria pubblicitaria, tanto per dirne una (quell’industria che io ho sempre profondamente criticato e deriso attraverso canzoni come “Bollicine”), quello sì che è un modello di vita nichilistico per davvero: consumistico, individualistico, egoistico, superficiale e via dicendo.

Ma, per carità!, secondo la “filosofia del Cucu’” non ci si può mica mettere in contrasto deciso e diretto con chi tira fuori i soldi; con chi paga i giornali e le televisioni… e non vado avanti con il lungo elenco nel quale io, per fortuna, appaio solo di rado e senza mai bisogno di scendere a nessun compromesso, io. Ecco.



Venga, la invito, ad un mio concerto! Venga a vedere quanto “nichilismo e rifiuto della vita” diffonde il suo “cattivo maestro”! Venga a sentirne l’energia che migliaia di ragazzi, di adulti e di anziani (sì, ci troverà anche i miei coetanei!) sprigionano di fronte al mio palco cantando insieme a me le mie (e le “loro”!!) canzoni! Lo faccia. Venga! O l’evidenza di una prova empirica (!) di tale portata la lascia nell’indifferenza più assoluta?

Perché se parliamo di Essere e Nulla, filosoficamente, possiamo allora parlare anche di vitalità e di energia cosmica, forse! O perlomeno di ANIMA! Che a volte, in qualcuno, tende a spegnersi prima…!

Chi, per caso, dovesse anche solo pensare che la metafisica e la spiritualità siano soltanto materie di studio per professori di filosofia, si sbaglierebbe di grosso. E sbaglierebbe anche solo se pensasse che non siano cose vissute quotidianamente (in grado diverso e a volte anche inconsapevolmente) da ogni individuo. Oltre a restare scritte e studiate in grandi sistemi filosofici, restano comunque ancora (e sempre) bisogni sociali vivi, espressi ed esperiti attraverso pensieri, comportamenti, usi, costumi, parole, canti, canzoni… E attraverso altri riti più o meno sacri, gestiti fino a ieri dalle religioni… Oggi, forse, è crollato tutto e - come sembra suggerire lei dandomi del “maestro”- forse davvero sono rimasti solo e giusto i cantautori…! A colmare certe lacune…! A poter soddisfare certi bisogni… A provare a rispondere a certe domande…!

Io non sono stato mai un modello, caro Veneziani, ma sono sempre stato, al contrario, una valvola di sfogo, un appiglio, un canale espressivo alternativo per tutti coloro che non si accontentano e non si adattano agli schemi di comportamento omologati e promulgati dalla cultura dominante (e ormai decadente), che non si riconoscono più nei modelli politici e pubblicitari loro offerti… o più spesso loro imposti



Mi è sempre sembrato superfluo e inutile spiegare le mie canzoni, anche in ragione del fatto che io uso sempre un linguaggio parlato, semplice al massimo grado, ordinario e chiaro. Mi accorgo però che con lei sono costretto a fare un’eccezione.

Come si fa, domando a lei e a chiunque altro - e lo chiedo anche ad ogni essere dotato di raziocinio di questo mondo -, come si fa, dico, a distorcere le mie parole fino al punto di leggere questa mia frase (e verso di canzone):

“La cosa più semplice sarebbe quella di non essere mai nato”

dandogli il significato di quest’altra frase, orrenda, sua, che lei rivolge alla mia persona:

“Uno che vorrebbe non esser nato”?

Cioè: io sarei uno che avrebbe desiderato di essere abortito…! Io che odio abortire perfino un pensiero!

Le suggerisco una risposta io: lo spirito nichilista e annichilito lei ce l’ha dentro l’animo, e le fa da filtro nella lettura. Il significato della mia frase è semplice quanto già noto, evidente ed esplicito: è che la vita è complicata e dura! Perché non ho mai provato a fare il filosofo, io.

Io.

Dal momento, però, che lei ne ha dato un’interpretazione così poco “profondamente filosofica”, allora vengo incontro al suo bisogno immediato e gliela spiego meglio ed in maniera, sempre semplicissima, ma un po’ più approfondita: parto dalla Rivoluzione Scientifica!

Fino a quando era il Sole (si credeva!) a girare intorno alla Terra ed un Dio creatore aveva messo l’uomo al centro dell’universo, il senso dell’esistenza umana era già dato e anche molto chiaro. Quindi vivere, in questo senso!, era più facile.

Quando poi, con Galileo e Copernico, tutte le risposte, le spiegazioni e le cause che prima erano risolte dalla religione… sono svanite quasi d’un tratto e tutte insieme, e l’uomo ha smesso di credersi il centro dell’universo… Eh… E un po’ si è perso, siamo d’accordo…. (Dal 1600 ad adesso, è stato difficile abituarsi… ad una vita priva di istruzioni già scritte!). Ma dopo questa rivoluzione si è ripreso! Si è ripreso non appena ha capito che spetta a lui (e a lui soltanto!) dare un senso a se stesso e al mondo! (citando il testo della stessa mia canzone che lei ha equivocato: “Non sono più sereno / Più sereno / Com’ero ieri! / La vita semplice / che mi garantivi / Adesso è mia, però / E’ lastricata / di problemi!”) Quindi la vita è diventata, in questo senso!, qualcosa che richiede più lavoro, più impegno!

Io credo che Vivere significhi trovare e dare (quasi ogni giorno!) un senso a se stessi e al mondo. Ovvio che vivere, allora, risulta più facile e comodo quando si può avere (fin dalla nascita!) una risposta già pronta per tutto, quando si riesce a credere all’esistenza di un Dio creatore che ha già provveduto, per proprio conto, ad inserire in ogni cosa un significato profondo. Ma quando io mi metto a pensare questo, cioè quando penso che vivere doveva essere più facile nel Medioevo, ovvero ai tempi in cui la religione provvedeva a fornire un senso universale e prefabbricato (escatologico!) all’uomo, allora mi rendo conto che non posso e non voglio (!) pretendere che il mio vivere sia “comodo”! Perché anteporre il desiderio di comodità al bisogno di significato è sconveniente, non è sano e nemmeno etico! (Anche se, probabilmente, farlo mi renderebbe più “sereno”… perché avrei meno domande senza risposte, quindi meno problemi). Senza contare il fatto che tanto ormai è anacronistico: non si può mica tornare indietro! Quindi mi viene naturale proseguire questo pensiero dicendo quello che canto in modo ironico (sottolineo ironico): (Allora, seguendo questo filo logico)



Ho l’impressione che

la cosa più semplice (di tutte!)

ancora più facile…

sarebbe quella di

…non essere mai nato!



Perché io sono molto serio nel mio impegno volto alla continua ricerca di senso, ma divento molto ironico quando poi ne parlo, quando ci penso… O quando, certe volte, non riesco a trovarne uno nemmeno a pagarlo!

E quindi la canzone continua:



Sarà difficile

non fare degli errori

senza l’aiuto di

di potenze superiori!

Ho fatto un patto, sai

con le mie emozioni:

le lascio vivere

e loro non mi fanno fuori!



Il fatto poi che tra i miei “adepti” ci sia anche chi interpreta male le mie parole come fa lei (COSI’ tanto male è difficile immaginarlo, diciamo un po’ meno…!) non le dà comunque ragione, non trasforma comunque un’interpretazione distorta in un fatto reale.

O invece di provare a fare il filosofo, lei sta provando a fare l’alchimista…?



Cosa si dovrebbe dedurre, allora, da una sua frase come: “Passerò solitario e non vi accorgerete di nulla, perché nulla il fondo è accaduto. Solo un’ombra di vita che si è trasformata in scrittura”, se non un manifesto nichilista e individualista, di una vita solitaria che, senza allacciare alcun rapporto con l’altro, si chiude invece disperatamente in se stessa, annullandosi nella materialità inanimata di una scrittura morta?



“Nichilista non è una parolaccia, non si offenda”, mi scrive lei, nell’esplicita convinzione che io sia una capra! Nell’evidente convinzione di trovarsi di fronte al Re dei Balordi. Forse sarà lei, però, a restare sbalordito nel venire a sapere che perfino io (un “Vasco Rossi Qualunque”), ogni tanto, leggo anche qualche libro “serio”!



Non sono un modello né un esponente del nichilismo. Certo, ne sono influenzato, condizionato, e in minima parte perfino intriso, essendo nichilista l’intera cultura moderna nella quale viviamo.

Potrei essere considerato nichilista nella misura in cui nego la validità di alcuni valori… Se non fosse che quei valori sono crollati e morti già molto tempo prima che io li rifiutassi. E, anzi, probabilmente li rifiuto proprio in ragione del loro essere ormai anacronistici e cadaveri.

Non posso essere considerato nichilista, invece, nella misura in cui io non nego affatto l’esistenza della realtà oggettiva, visto che faccio esattamente l’opposto: cerco e “predico” la massima consapevolezza e la piena accettazione della realtà (forse avrebbe dovuto ascoltarlo almeno una volta, il mio disco, invece di limitarsi a disprezzarne il titolo).

Non posso essere considerato nichilista, nella sua accezione più negativa, nella misura in cui io non intendo certo destituire il mondo della sua consistenza; al contrario: le mie canzoni sono volte a cercare e a trovare sempre un senso alla realtà, anche e soprattutto quando appare troppo difficile trovarne uno, anche a costo di inventarne uno nuovo di sana pianta! Quando un individuo non può più credere all’esistenza di una divinità superiore e creatrice di tutte le cose, è costretto a cercare un senso dentro di sé per immetterlo poi nel mondo, nella speranza ma anche nella probabilità di renderlo migliore, anche se solo di un poco.

E’ pur vero che il mio intento è sempre stato quello di raggiungere la (mia) massima profondità di significato attraverso la massima semplicità di linguaggio, ma le mie canzoni ed io, caro Veneziani, in realtà, apparteniamo al pensiero esistenzialista per natura. Sono sempre stato un sostenitore dell’importanza fondamentale e dell’irriducibilità dell’individuo e dell’esistenza umana ai rigidi schemi di filosofie totalizzanti (come sono forse i suoi schemi mentali attraverso i quali mi giudica in maniera perentoria quanto distorta). Non è il caso di discutere di ontologia, ma il mio filosofo preferito è Kierkegaard, e credo nell’esistenza umana finalizzata all’etica (e non solo alla fica!), un’etica fondata sulla responsabilità di scelta, di una scelta categorica per la vita (in alternativa al nulla, cioè alla follia) e senza comodi compromessi, senza mai prostituzioni commerciali (!), come sintetizzato dall’Aut-Aut del mio titolo, che lei non ha proprio capito: O “Vivere o Niente”.



Sarebbe ora di impegnarci per superare il nichilismo, anche in un mondo come il nostro, in cui il consumismo, cioè la struttura stessa del nostro sistema economico e sociale, rema in senso opposto, insieme ai nostalgici, ai reazionari, ai fautori del ritorno alle antiche tradizioni ormai tramontate nel tempo, ai testardi che ancora sognano invano di resuscitare dio e tutti i valori che ormai sono decaduti, crollati, destituiti, persi nel passato.

Non si può tornare indietro, Veneziani: ecco quello che io canto nelle mie canzoni.

L’energia ed il coraggio per affrontare un futuro nuovo ed indeterminato, una vita (e oggi anche quella lavorativa!) precaria e complicata: ecco quello che io canto nelle mie canzoni.

La capacità di dare, creandolo e inventandolo ogni volta, un senso a tutte le cose: ecco quello che io canto nelle mie canzoni.

Spero che lei stia prendendo appunti, Signor Veneziani.



Sono dell’idea che la mia “filosofia pratica” produca molta più energia vitale di tutta la sua teoretica. O forse mi sbaglio, forse il Veneziani cupo e solitario, pensieroso, poetico e malinconico è solo il Veneziani Personaggio, completamente diverso, se non opposto, al Veneziani Uomo: uh, be’, a questo punto glielo auguro. Le auguro sinceramente di non essere così depresso e solitario come appare dalle sue foto e dalle sue parole.



E per quanto riguarda i titoli conferitemi Ad Honorem, la laurea in Scienze della Comunicazione e le mie lezioni universitarie che lei ritiene inappropriate perché “si deve trasmettere cultura e non emozioni”, devo ricordarle che “Cultura” significa anche l’insieme dei comportamenti e delle concezioni, degli usi e dei costumi di una società in un determinato tempo, per cui la trasmetto anch’io, con le mie canzoni, e abbastanza bene, pure. Lasci fare. Riguardo invece la “cultura” come la intende lei, cioè come “istruzione” e come “conoscenza acquisita attraverso lo studio” le cito questo aforisma di Kark Kraus che dovrebbe farla riflettere: “La cultura è una gruccia con cui lo zoppo picchia il sano per far vedere che anche a lui non manca la forza”.



Lei ha pensato a me, ma non sono venuto a sapere che lei abbia detto qualcosa a chi invece ha proposto di conferire lo stesso titolo a Bossi, forse per le sue soventi esternazioni volgari... Dialettali, più che dialettiche! Ma cosa importa tutto il resto questo se l’unico fine è quello di attirare l’attenzione per poter vendere meglio il proprio libro?

Eh… Già!



Se non ha davvero qualcosa da dirmi, non mi risponda di nuovo, non si approfitti ancora, la prego, delle sue indubbie capacità dialettiche e delle sue autorevoli rubriche su “Il Giornale” solo per farsi altri auto-spot gratuiti alle spalle di chi seriamente vive del proprio lavoro.

Capisco che vivere non le basta, che pretende anche soldi e successo, ma la invito lo stesso a fare una scelta autentica di vita, d’ora in poi e senza nessun compromesso: o vivere o niente.



Stia bene, e anzi: stia meglio!,



Vasco Rossi
 


 


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