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1 Febbraio 2015
 

Incontro 28 Gennaio il racconto di Emanuela Giovannini

Parto da Roma in uno stato di calma apparente. Afferro una borsa troppo pesante,

(non ho ancora imparato a “distaccarmi da tutto ciò che temo di perdere”) e mi avvio

verso la stazione con un’aria professionale. Quando arrivo davanti a “Il Blasco”, sono

già tutti lì e l’emozione è palpabile, tanto che qualcuno si ferma a chiederci che

succede. Anche due carabinieri, indagatori, in modalità “agglomerato umano sospetto

– intervenire”. Una fanciulla carina gli spiega che ci sarà Vasco. Increduli, colgono

l’occasione di fare un po’ i cascamorti, ma non hanno speranze che il fascino della

divisa superi quello del cappotto di pelle nera. Puntualmente, alle 14:30, Lisa ci

pianta due severi occhioni chiari davanti e ci spiega come dovremo comportarci. Noi,

che già cominciamo a assaporare il Suo arrivo, diciamo di sì a tutto. Io sono talmente

inebetita che potrei intestarle casa mia, se me lo chiedesse. Entriamo, c’è aria di festa,

si ride, si scherza, perfino la Sachs è di buonumore. Poi, tutto si accelera, un boato

sulla strada, da parte di quelli rimasti fuori, ci dice che è arrivato e, poco dopo, si

presenta sulla porta. Tutti in piedi, applausi, ovazione. Io vorrei piangere, come

quando da adolescente, lo vedevo arrivare sul palco a inizio concerto, ma mi

contengo, perché il ragazzo accanto a me (forse Giuseppe) è molto pacato. Vasco

sorride a lungo e ci guarda uno ad uno, ci gustiamo questo momento di gioia

reciproca. Poi, indossa un sobrio paio di occhiali da vista che lo rendono sexy come

Nicole Kidman, seduta al tavolo in cucina, in Eyes Wide Shot e inizia la “sua”

lezione. Il testo di “Come vorrei” è il pretesto per divagazioni sulla vita, l’amore, la

famiglia, le ambizioni, il valore di un uomo. Vasco è un fiume in piena, ci passa la

sua esperienza con tenerezza, con generosità. Come a dire: “A me pare di aver capito

questo, fatene buon uso”. Ed è sereno, sembra in pace, finalmente, col mondo,

nonostante sappia ancora cogliere e raccontare il conflitto. Sarà che siamo a levante,

ma sembra che il Rock abbia incontrato lo Zen. Rispondendo alle nostre domande, ci

esorta a cogliere il positivo che c’è nella vita e a dialogare con noi stessi, anche

quando è difficile, e poi di nuovo allarga il discorso a considerazioni sulla giustizia,

sulla colpa, sull’esistenza. Ogni tanto, per spiegarsi meglio, canticchia un frammento

di qualche sua canzone. Ed è il regalo più bello. A voce nuda, con quella voce che

contiene un’orchesta. Noi sì, che l’abbiamo sentito dal vivo! Vorremmo ascoltarlo

per ore, ma il tempo è terminato. Generosamente, lascia spazio agli autografi, agli

abbracci, alle foto. Alla fine di tutto, salgo velocemente sull’auto che mi riporterà alla

mia realtà. Fuggo, perché ho paura che, restando ancora lì, qualcosa possa sbiadirsi.

Voglio conservare intatti questi momenti perfetti. Vasco chissà se lo sai, che lasci

segni indelebili.

Grazie.

Lunga vita alla Redazione!

Emanuela Giovannini
 
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